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Le Ricerche Patristiche di Michele Pellegrino

In questi tempi terribili per la civiltà occidentale, è di conforto trovare memoria di alcune luminose figure che non persero mai la speranza della rigenerazione e del ritorno alle fonti di un’umanità vissuta nel solco della secolare civilizzazione cristiana, che mai come oggi è in pericolo. Non si tratta di un richiamo clericale o, peggio, di un richiamo alla propaganda di qualsivoglia forma di odio. Si tratta, invece, della riaffermazione di una fede che vediamo ogni giorno posta in pericolo laddove la cristianità nacque, là nell’Africa del Nord delle prime comunità e delle vere origini imperiture del messaggio cristiano.

Colpisce come in questi giorni di veglia paolina in attesa della chiamata, siano passate inosservate – finalmente destinate a una edizione critica e bene ordinata – le opere di Michele Pellegrino. Nato in quel di Roata Chiusani, frazione del comune di Centallo nel cuneese nel 1903, egli raggiunse fanciullo il seminario minore di Fossano e di lì iniziò una vita diretta non solo all’ordinazione sacramentale, ma altresì alla formazione filosofica e quindi filologica nelle letterature cristiane antiche, che lo videro divenirne ben presto un interprete prodigioso per profondità e acribia. La rivoluzione che compì nel campo della tradizione critica letteraria latina fu quella di valutare finalmente in tutta la loro importanza le fonti, le opere dei primi scrittori cristiani, verso i quali sino ad allora si era disdegnato d’indagare e di porli anch’essi in primo piano nell’esegesi e nello studio ecdotico. Ma Michele Pellegrino divenne altresì prima Vescovo di Torino nel 1965 per venire poi chiamato alla berretta cardinalizia da Paolo VI nel 1967. Attentissimo ai problemi sociali e alle esigenze e ai travagli dei preti operai – seguendo in questo una tradizione di attenzione verso la teologia e la cultura cattolica francese che oggi va spegnendosi (e anche i suoi personaggi più di spicco vanno via via lasciandoci: è di pochi giorni orsono la morte del grande storico Emile Poulat, il quale segnò la formazione di molti dei miei coetanei e di me stesso più di quanto allora non ci accorgemmo).

Pellegrino, che polemizzò con i clericali anche per il rifiutò ostinato che manifestò verso il cappello duro e circolare cardinalizio per continuare a esibire il basco operaio, fu l’estensore di quella lettera famosissima, “Camminare insieme”, del 1971, che pose su basi integralmente nuove, sulla scorta del Concilio Vaticano II, il rapporto tra Chiesa Cattolica Apostolica Romana e questione sociale. Gli echi si sentono ancora nella Caritas in Veritate e in molte delle dichiarazioni non estemporanee di Papa Francesco.

Ma perché ricordare Pellegrino su una rivista come Formiche.net?

La ragione è presto detta. Il terzo volume delle opere, or ora pubblicato dalle venerande Edizioni di Storia e Letteratura, riprende l’edizione che fu stampata per i tipi della Bottega d’Erasmo nel 1992 e ripropone gli Scritti di Patristica dedicati al “Significato del martirio”.

Pensando a ciò che accade nelle terre dove la prima vita cristiana associata si sviluppò, non possiamo che essere colpiti dalla dolorosa attualità di queste dense e illuminanti pagine: da “L’imitation du Christ dans les Actes des Martyrs”, per passare a “Cristo e il martirio nel pensiero di Origine”, sino a “Chiesa e martirio nel pensiero di Sant’Agostino”, scorrono sotto i nostri occhi, in una lettura sempre più emozionante, le passioni, le dedizioni, le estasi, di tutta una schiera di martiri che nel loro martirio reinveravano la passione e il dolore di Cristo e indicavano nel martirio medesimo la resurrezione del figlio di Dio, che si disvela trionfatore sulla morte in tutta la Sua grandezza.

Questo libro va letto per avere un contro-canto interiore profondo, dinanzi alla strategia mediatica della morte e del terrore di una sorta di neo paganesimo oggi dilagante. Ricordiamo tutti ciò che si dice nelle memorie del Cardinale Lustinger in merito all’antisemitismo: nella pulsione distruttiva verso l‘esistenza stessa dello Stato d’Israele si disvela un neo paganesimo radicale, perché vuole annichilire, vuole far scomparire dalla faccia della terra, ogni traccia del popolo di Dio.
Le pagine di Pellegrino, di un personaggio mitico e santo, di quella moderna santità che vive nella storia degli uomini per testimoniare la povertà degli umili, come umile fu sempre la Sua vita, ci richiamano potentemente sì al dolore, ma anche al senso di una riaffermazione dell’essere cristiani in tempi in cui la civiltà stessa occidentale è minacciata. E il cristianesimo allora si rivela la radice più forte e generativa di tutta intera quella civiltà. Le pagine sul martirio non sono dunque una lettura solo tristemente attuale, ma anche una sorta di esercizio dello spirito per apprendere a resistere interiormente dalla forza della redenzione e dalla vittoria sulla morte che ogni martire porta con sé.

In questo risiede il più deciso ribellarsi a codesta barbarie che dilaga sotto i nostri occhi, ricordando che dal sangue dei martiri deve con qualsiasi mezzo rifiorire, dopo il dolore e la giusta punizione dei carnefici, sempre la speranza della resurrezione.


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