In un tentativo di rilanciare il ruolo italiano nella soluzione della crisi libica e di limitare gli impatti economici e politici delle tensioni ucraine, ieri Matteo Renzi è volato a Mosca per incontrare Vladimir Putin. Una strategia che molti osservatori hanno definito ardita e pericolosa. E che un po’ per scherzare, un po’ per mettere in allerta il premier, Formiche.net ha paragonato alla nuova stagione della serie tv House of Cards, nella quale il protagonista, il presidente americano Frank Underwood, dà troppa fiducia al suo omologo russo Viktor Petrov, copia romanzata del Putin in carne ed ossa, pagandone poi le conseguenze.
LA REPRIMENDA DEL CORRIERE
Dalle pagine del Corriere della Sera, la firma di punta di esteri Franco Venturini spiega che, nel corso della sua visita, “Matteo Renzi ha perso un’occasione importante per dare alla politica estera italiana l’autorevolezza che da troppi anni le manca…“. Il presidente del Consiglio voleva dimostrare che, malgrado l’Ucraina e le sanzioni, l’Italia rimane un interlocutore privilegiato della Russia, ma avrebbe fatto bene a ricordare a Putin la possibilità di nuove sanzioni e invitarlo a ritirare le forze russe dall’est dell’Ucraina. “Questo di equilibrare meglio le responsabilità di Mosca e quelle di Kiev – prosegue Venturini – avrebbe potuto essere una chiave intelligente, che molti in Europa segretamente caldeggiano. L’Italia ne sarebbe uscita bene, propositiva e ferma nelle sue alleanze senza nulla perdere con Putin. Ma avvicinarsi troppo al business as usual dietro il paravento di Minsk-2 è stato un errore che servirà — poco — soltanto al Presidente russo“.
Mosse sbagliate, dunque, ma anche una scarsa consapevolezza dello scenario in cui ci si muove commenta Antonio Fallico, capo di Banca Intesa Russia, che rileva come nonostante le sanzioni, gli Usa non stiano pagando troppo dazio alla crisi ucraina, a differenza del nostro Paese. “È assolutamente necessario dare al più presto segnali di discontinuità rispetto a questa nuova guerra fredda”, sottolinea Fallico a Fabrizio Dragosei del Corriere. “Il banchiere italiano cita stime dell’Italian Trade Agency (l’Ice), secondo i quali le esportazioni degli Stati Uniti verso la Russia sono salite del 23 per cento nei primi nove mesi dell’anno scorso. Dati del ministero dello Sviluppo Economico russo parlano di una crescita dell’interscambio con gli Stati Uniti del 6% per l’intero 2014. È cresciuto particolarmente l’import di prodotti americani: +12 per cento. Il presidente della Commissione esteri della Duma Aleksej Pushkov è convinto che gli Usa con questa storia «ci stiano facendo i soldi»“. Mentre per l’Italia, nel 2014 il salasso dell’interscambio italo-russo è stato di 5,3 miliardi di euro, una contrazione di oltre il 17% sull’anno precedente.
I TIMORI DI FOLLI
L’editorialista di Repubblica Stefano Folli, già direttore del Corsera che di recente ha lasciato il Sole 24 Ore, delinea i tratti di questa strategia di Renzi, desideroso di emanciparsi dal ruolo di leader italiano, per assurgere a quello di statista europeo. Per farlo, punta ad essere protagonista in Libia, anche trattando con Putin. Ma Folli avverte: “Il metodo della diplomazia personale, disinvolta e rapida, fondata sul volontarismo, è molto «renziano». Al di là dei risultati immediati, l’importante è che non si traduca in una velleitaria mediazione. Se invece, come sembra, Renzi si è dato una priorità concreta (il Mediterraneo) e ha deciso di tesservi intorno una rete, non c’è che attendere. Le prospettive sono incerte e quindi a maggior ragione la tessitura richiederà sapienza e una capacità non comune di parlare agli europei e agli americani prima che la crisi precipiti. Ma non c’è dubbio che si tratta del tavolo giusto, se a Palazzo Chigi intendono dimostrare che l’Italia è una potenza regionale in grado di assumersi delle responsabilità ben definite in politica estera“.
L’ANALISI DI REPUBBLICA
Le aziende italiane soffrono – rileva Luca Pagni sul quotidiano diretto da Ezio Mauro. Ma non sono preoccupate per le sanzioni: si augurano piuttosto che la Russia inverta la tendenza e si riprenda il prima possibile dalla crisi economica. “A danneggiare le imprese italiane che lavorano con Mosca, così come i loro concorrenti in tutta l’Eurozona, più che le misure economiche imposte da Washington e Bruxelles sono il crollo del prezzo del petrolio e la svalutazione del rublo. Le vendite di greggio e di gas rappresentano oltre l’80 per cento dell’export russo, nonché della capacità del Cremlino di fare cassa, visto che la quota principale delle esportazioni è coperta dai contratti di Gazprom, il colosso a controllo statale. Così, la diminuzione degli investimenti pubblici è destinata a provocare il crollo del Pil per il 2015, con una previsione di un meno 4 per cento“.
LO SCENARIO DELLA STAMPA
Nel deteriorarsi dei rapporti con Mosca, sottolinea sulla Stampa Anna Zafesova, un lato positivo c’è. “Il gas, tormentone e terrore mediatico degli anni scorsi, sembra il grande assente della partita diplomatica in corso con Mosca. La paura che il Cremlino chiuda il rubinetto è sparita non solo perché è in arrivo la primavera, ma il consumo di metano russo in Europa è già diminuito visibilmente. Nel 2014 Gazprom ha toccato il minimo degli ultimi 20 anni, riducendo le esportazioni nei Paesi Ue del 13,8%. Per l’Italia il calo è ancora più significativo, 14,4% in meno. Per altri Paesi ancora più dipendenti in passato dal gas russo i numeri sono più alti: un quarto in meno per l’Austria, il 35% in meno per la Repubblica Ceca“.
LA VERSIONE DI LIBERO
Su Libero diretto da Maurizio Belpietro, il giornalista e saggista Carlo Panella mette in evidenza come le mosse di Renzi, pur se positive, non siano poi nulla di nuovo e siano in linea con ipotetiche (o reali?) sintonie “nazarene”. “Questa visita vede Renzi sposare per intero la linea di netto discostamento dall’Ue e di appeasement con la Russia, più volte raccomandata, con vigore, da Silvio Berlusconi“. Ma – notano alcuni osservatori – Renzi non è Berlusconi e la situazione è lontanissima da Pratica di Mare…