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Lega, ecco cosa divide davvero Tosi da Salvini

A entrambi, i confini della Lega Nord stanno sempre più stretti. Vogliono allargare il raggio d’azione del partito esportandolo nel Mezzogiorno, e per farlo sono ricorsi tutti e due a un nuovo soggetto politico (o para-politico): da un lato la lista Noi con Salvini, dall’altro la Fondazione Ricostruiamo il Paese. Ma al di là di questa vocazione nazionale che mette in secondo piano le storiche ragioni del Nord, tra Matteo Salvini e Flavio Tosi le divisioni sono tante. Troppe. E talmente profonde da apparire sempre più insanabili.

IL PEDIGREE DI PARTITO E QUELLO AMMINISTRATIVO

L’uno, Salvini, è cresciuto nei Giovani padani, ha fatto la gavetta a Radio Padania, poi ha messo piede in consiglio comunale a Milano e quindi all’europarlamento di Bruxelles. Tosi invece può vantare una maggiore esperienza amministrativa rispetto all’attuale segretario federale, essendo al secondo mandato da sindaco di Verona dopo aver ricoperto anche l’incarico di assessore regionale alla Sanità del Veneto. Una differenza di curriculum che il primo cittadino scaligero ha volutamente sottolineato nell’intervista a la Stampa di un mese fa con la quale ha aperto il fronte interno sulle elezioni regionali.

L’EURO, MONETA CHE DIVIDE

I giornali in questi giorni si sono sbizzarriti nel descrivere le divergenze tra il segretario federale del Carroccio e il segretario della Liga Veneta, talmente profonde e diffuse da arrivare persino fin nel piatto. E così le ricostruzioni dei media hanno narrato del pranzo di giovedì al ristorantino di Milano dove Tosi ha ordinato un filetto coi carciofi e Salvini una frittura di pesce. Dalla tavola alla politica economica e monetaria, le cose non cambiano. Se Matteo ha impostato tutta la campagna elettorale delle europee di maggio 2014 sul messaggio “Basta Euro” coinvolgendo tra i suoi l’economista Claudio Borghi Aquilini, tra i principali teorici dell’uscita dell’Italia dalla moneta unica di Bruxelles, Tosi non ha perso occasione per sottolineare la sua visione contraria a questa drastica soluzione. L’uno considera l’euro al pari di un crimine contro l’umanità, l’altro non ritiene che sia quello il problema del Paese.

SULLE ALLEANZE C’E’ UN ABISSO

La destra lepenista e vicina agli ambienti di CasaPound abbracciata da Salvini è ben lontana dal progetto politico di ispirazione moderata che invece intende sposare Tosi, nonostante proprio lui sia cresciuto proprio negli ambienti della destra veronese e abbia incassato dal senatùr Umberto Bossi l’accusa di aver portato i fascisti dentro la Lega. Adesso però Salvini cavalca l’onda anti-europeista e demagogica dell’opposizione dura e pura al governo Renzi, non ne vuole sapere di dialogare con centristi e privilegia l’asse con Fratelli d’Italia rispetto a Forza Italia, nonostante le dimensioni elettorali dei due partiti non siano paragonabili. E a Tosi che invece flirta con Corrado Passera e la sua Italia Unica, manda a dire che lui con gli ex banchieri e gli ex ministri del governo Monti non intende spartire alcunché. Stesso copione si ripete con gli avvicinamenti tra il sindaco scaligero e il Nuovo Centrodestra, il partito del ministro Angelino Alfano visto come fumo negli occhi da Salvini stesso.

GLI EQUILIBRI DI POTERE NELLA LEGA

La divisione emersa più di recente riguarda l’equilibrio dei poteri all’interno della Lega. Che sulla carta dovrebbe essere un partito federale – non a caso le segreterie regionali in gergo vengono definite “nazionali” – ma nei fatti è Milano che decide. E questo i veneti non l’hanno mai mandato giù. Adesso Salvini vuole avocare a sé maggiori poteri nella conduzione del partito, accentrando le decisioni e togliendo autonomia ai segretari locali. Tosi invece difende la vocazione federalista del Carroccio, da segretario della Liga Veneta per le elezioni di maggio vuole avere l’ultima parola su alleanze, scelta dei candidati leghisti e soprattutto presentazione di liste civiche a sostegno del ricandidato governatore Luca Zaia.

LA CONTRAPPOSIZIONE VISTA DA TRE COMMENTATORI

“La Lega non è più la Lega. Ormai è un ogm. Salvini le ha cambiato il dna”, sostiene il sociologo Luca Ricolfi in un’intervista a Panorama; secondo lui la destra di Tosi “è più vicina alla destra moderna rispetto a quella di Salvini, ma anche a quella di Alfano”. E’ vero quindi che il segretario federale ha salvato il Carroccio dalla catastrofe, ma con lui il partito ha cambiato completamente pelle divenendo “aggressivo e qualunquista”.

Chi invece paragona il fronte aperto da Tosi in Veneto alla battaglia di Gianfranco Fini dentro al Pdl è il giornalista Marcello Foa nel suo blog su ilgiornale.it. Per Foa il sindaco di Verona “è diventato politicamente corretto, molto vicino agli argomenti e soprattutto alle sensibilità dell’establishment italiano ed europeo”. Da qui un comportamento ritenuto “incomprensibile” perché “non si limita a contrastare la leadership di Salvini” ma “è diventato un provocatore, uno che frena, che divide. Anzi, che spacca”. Per Luigi Moncalvo, ex direttore de la Padania, dietro la candidatura di Tosi c’è invece “il tentativo di Berlusconi di disinnescare Salvini, Tosi sta facendo un’operazione poco pulita per conto di Berlusconi”. Per questo motivo, ha detto Moncalvo in una recente intervista a ilsussidiario.net, “se Tosi si candida, le elezioni in Veneto diventeranno un referendum con valenza nazionale. I voti di Zaia sarebbero quelli che può prendere Salvini come leader del centrodestra, i voti di TOsi corrisponderebbero ai resti di Fi e Ncd. Quello di Zaia contro Tosi è un referendum che non fa comodo a Salvini, perché la posta in gioco è troppo alta”.


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