Venerdì scorso il Consiglio di sovrintendenza dello Ior ha nominato Gianfranco Mammì nuovo vicedirettore. Il suo mandato è a tempo indeterminato. Il via libera è arrivato sia dalla Commissione cardinalizia di vigilanza sia dall’Autorità di informazione finanziaria.
UNA CARRIERA INTERNA ALLO IOR
Cinquantanove anni, laureatosi in Scienze Politiche all’Università di Messina, Mammì sarà il vice di Rolando Marranci e risponderà al Consiglio di sovrintendenza. Marranci, a differenza del neo-nominato, ha un mandato a scadenza: viene specificato che “rimarrà direttore generale per un congruo periodo di tempo”. Mammì iniziò la sua carriera allo Ior nel 1992, svolgendo le mansioni di cassiere. Da lì, la scalata l’ha portato a maturare “una vasta esperienza in diverse posizioni”, lavorando con clienti italiani e latino-americani dell’Istituto prima in veste di client relationship manager, quindi di vice responsabile dell’ufficio successioni.
LA SODDISFAZIONE DEL CONSIGLIO DI SOVRINTENDENZA
“Prodotto” interno, dunque, tant’è che il consiglio di sovrintendenza, in una nota, ha sottolineato come “questa nomina esprime la volontà del Consiglio di promuovere lo sviluppo delle potenzialità professionali del personale interno”. E questo “è tanto più importante nella fase attuale, nella quale lo Ior è concentrato nel mettere in atto profondi miglioramenti nei prodotti e servizi offerti come annunciato in precedenza”.
I PROBLEMI CON LA GESTIONE CALOJA
Scrive il Sole 24 Ore che Mammì era entrato in contrasto in anni passati con la gestione targata Angelo Caloja e Lelio Scaletti, entrambi indagati dal Promotore di Giustizia vaticano in merito a operazioni immobiliari avvenute tra il 2001 e il 2008. Anche per questo s’è ipotizzato che il trasferimento all’ufficio acquisti fosse dovuto proprio a questa “differenza di vedute”.
CARICA VACANTE DA DUE ANNI
La carica di vicedirettore generale era vacante da ben due anni, da quando cioè Massimo Tulli (insieme all’allora direttore generale Paolo Cipriani) si era dimesso, il 1° luglio 2013. All’epoca si scrisse di “dimissioni sollecitate direttamente dal Papa” a motivo dell’inchiesta sulle attività dell’Istituto che ha sede nell’antico torrione di Niccolò V. Fiorenza Sarzanini sul Corriere della Sera osservò come in quell’inchiesta “in cima all’elenco degli indagati c’erano proprio Cipriani e Tulli, entrambi sospettati di aver avallato gli illeciti che venivano compiuti”. Dimissioni, dunque, per prevenire un licenziamento “inevitabile”. E infatti, per i due il processo s’è aperto lo scorso dicembre, a seguito dell’inchiesta che nel 2010 determinò il sequestro di 23 milioni di euro depositati presso l’Istituto delle opere di religione.