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Benvenuti nelle tre Forza Italia

Ma come? Per mesi e mesi abbiamo lavorato insieme al Pd. Abbiamo fatto le notti in commissione Affari Costituzionali dove abbiamo lavorato gomito a gomito per produrre un testo condiviso. E ora, invece, quel lavoro viene cancellato e ci si dice di votare contro il prodotto che noi stessi abbiamo contribuito a creare…”.

Questa frase dice più di tanti commenti ed editoriali sullo stato di Forza Italia, uscita ringalluzzita come il suo leader dopo l’assoluzione di Berlusconi in Cassazione sul caso Ruby. La frase è stata pronunciata ieri da Ignazio Abrignani, forzista e verdiniano. Dunque berlusconiano ma anche un po’ renziano. Come il leader e fondatore di Forza Italia. Ma Silvio Berlusconi, con la scusa della scelta solitaria di Matteo Renzi su Sergio Mattarella per il Quirinale, ha colto la palla al balzo: come ci si può presentare alle regionali contro il Pd se qualche settimana prima in Parlamento si vota con il Pd sulla riforma renziana delle istituzioni. È questa – secondo l’interpretazione dei berlusconiani di stretta osservanza – la vera ragione per il dietrofront di Berlusconi su quella riforma origine e frutto del Patto del Nazareno, ora rottamato.

Visione contingente ed elettoralistica, quella di Berlusconi? Non c’è da meravigliarsi troppo. Da sempre il leader di Forza Italia cerca di fiutare il vento e di preparare al meglio le competizioni elettorali, anche le Regionali in cui i risultati degli azzurri non sono mai stati troppo esaltanti. A maggior ragione ora per gli scarsi entusiasmi che suscita il marchio Forza Italia (sinonimo ormai di risse personalistiche e indeterminatezze programmatiche) e per l’avanzare scalpitante del Carroccio di Matteo Salvini che sta prosciugando i consensi forzisti, come dice l’ultimo report di Lorien Consulting.

Dunque meglio far la faccia feroce come quella di Renato Brunetta, capogruppo di Forza Italia, che ha quasi dato del despota a Renzi e tacciato quasi di incostituzionalità – come un Rodotà qualunque – la riforma approvata oggi alla Camera con 357 sì (Pd, Area Popolare, Scelta Civica), 125 no (compresi quelli di Rosy Bindi, Stefano Fassina e Alfredo D’Attorre), 7 astenuti. Un modo, quello di Brunetta, per tentare di serrare le fila in Forza Italia. Ma i buoi stanno scappando da tempo. La ventina di verdiniani alla Camera hanno votato no per spirito di partito, e in ossequio ai dettami del Cav, ma si sono molto dispiaciuti per non dire scusati in un documento con quel bravo figliolo del premier…

E la quarantina di fittiani hanno gongolato per il no impartito da Berlusconi pur non condividendo nulla dell’impostazione berlusconiana. Esempio: nella terra di Fitto, la Puglia, il candidato governatore del centrodestra, Francesco Schittulli, è stato celebrato con una telefonata in diretta da Berlusconi in un evento pubblico in assenza di Fitto, che pure è amico di Schittulli. Come se in Lombardia il candidato governatore del centrodestra venisse acclamato da Berlusconi ma non da Paolo Romani e Maria Stella Gelmini. Misteri azzurri…

Al netto di qualche mormorio della sinistra dem e dei toni tonitruanti dei Cinque Stelle, e checché se ne possa pensare del nuovo Senato renziano (riforma mediocre, spiega il politologo Gianfranco Pasquino), la giornata di oggi segna un successo per Renzi. Anzi per Calamita Renzi, come ha scritto oggi Giuliano Cazzola su Formiche.net. Una Calamita che disintegra le opposizioni.

Anche perché, nonostante il dato deludente di oggi della produzione industriale a gennaio (qui le analisi di Paolo Mameli dell’ufficio studi di Intesa e di Sergio De Nardis, capo economista di Nomisma, le prospettive economiche non segnano tempesta.

Tra prezzi del petrolio calati e mini euro effetto anche degli allentamenti monetari della Bce di Mario Draghi lo scenario non è troppo fosco. E qualche atto berlusconiano è stato pure approvato dal governo Renzi: dalla decontribuzione per i nuovi assunti a tempo indeterminato (vantata dal premier) alla responsabilità civile dei magistrati che fa tanto strepitare le toghe, fino alla rottamazione (parola di Renzi) dell’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori con il Jobs Act che fa sparlare il duo sinistro Landini-Boldrini. Per non parlare della tanto agognata fine del bicameralismo perfetto. Un altro cavallo di battaglia per anni di Forza Italia… “Sono felice, torno in campo”, ha commentato Berlusconi l’assoluzione in Cassazione. Ha più di sette vite…



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