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L’insostenibile leggerezza della pubblica amministrazione

Sono stato un public servant per 45 anni. Quindici presso la Banca Mondiale. Nove presso organizzazioni specializzate delle Nazioni Unite e presso istituzioni europee. Il resto in due Ministeri italiani con il grado di dirigente generale e presso la Presidenza del Consiglio/Scuola Superiore della Pubblica Amministrazione, dove per dieci anni ho coordinato i programmi di formazione in economia e finanza.

Sulla base di questa esperienza sono molto preoccupato dalle notizie di stampa che leggo sulla riforma in cantiere. Mi auguro che siano false e tendenziose e che il Ministro competente le smentisca al più presto.
Se è vero quel che si legge, la riforma è modellata non sul sistema di spoil system americano, dove il Presidente degli Stati Uniti ha titolo di effettuare 6000 nomine (che vengono peraltro vagliate dal Congresso) su circa cinque milioni di dipendenti, ma su quello del Venezuela e del Paraguay dove ad ogni cambio di Governo, vengono sostituiti anche gli uscieri.

Si legge di immissione a livelli dirigenziali di una alta proporzione di esterni/contrattisti anche non laureati, di assegnazione di incarichi motu proprio da parte dell’organo politico di turno e di altre misure (compreso il licenziamento di dirigenti) tali da fare perdere la caratteristica essenziale di qualsiasi pubblica amministrazione moderna: l’imparzialità dell’azione dei cittadini, l’unico cuscinetto che hanno i cittadini a fronte di un livello politico che per definizione è ‘di parte’.

Si parla di smantellamento della Scuola Nazionale d’Amministrazione mentre per migliorarne efficienza ed efficacia (ed imparzialità) basterebbe ripristinare i concorsi di secondo grado (tra professori universitari di ruolo ed alti dirigenti dello Stato e Magistratura) aboliti dal Governo Prodi (si malignò che allora si volevano favorire amici od amici degli amici).

In breve, una Pubblica Amministrazione di ‘fedelissimi’ anche se incompetenti non serve né la Nazione né il Governo di turno che si troverebbe nella mani di chi meno può aiutarlo sotto il profilo tecnico-professionale. Il Presidente del Venezuala, Nicolas Maduro, non se ne preoccupa perché governa un’economia estrattiva (di petrolio),.

Il Governo Renzi dovrebbe preoccuparsene perché, secondo studi di Impresa Lavoro da nessuno smentiti, la pressione fiscale sulle imprese è già prossima al 65% con il risultato di guidare un’economia moribonda.

Si tenga presente che neanche il Fascismo osò tanto. Quando i contrasti sostanziali di politica estera tra il Segretario Generale del Ministero degli Affari Esteri, Salvatore Contarini, e l’allora Capo del Governo diventarono profondi, il secondo fece nominare il primo Senatore del Regno.

Non solo ma per rafforzare l’amministrazione istituì una spending review permanente con l’istituzione di sezioni della Ragioneria Generale dello Stato che erano collocate presso i singoli Ministeri ma rispondevano al Ragioniere dello Stato ed a Ministri di ispirazione liberale come De Stefani, Volpi, Mosconi, Jung e Thaon de Revel.

Chiunque abbia cercato di violentare l’insostenibile leggerezza della pubblica amministrazione ha finito con il pentirsene. Anche nei Paesi più scassati dell’America Latina.


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