Il centrodestra ridotto a un ginepraio di leader, leaderini e correnti trova il suo culmine di confusione in Toscana, terra del premier Matteo Renzi. In quella regione dove non è mai stato competitivo contro il potente Pd che domina (quasi) incontrastato, a maggio si terranno le elezioni con il governatore dem Enrico Rossi ricandidato per il bis. Ha ufficializzato da tempo la sua corsa anche Giacomo Giannarelli del Movimento 5 Stelle, mentre il centrodestra è talmente diviso da rischiare la presentazione di tre o quattro differenti aspiranti governatori, la migliore strategia per garantire continuità al governo del Pd.
LA LEGA C’E’, FRATELLI D’ITALIA FORSE
L’unica certezza ad oggi arriva dal fronte leghista. Claudio Borghi Aquilini, l’economista milanese guru dei no euro e scelto da Matteo Salvini come consigliere economico, è il candidato governatore del Carroccio. Da settimane è in tour per la Toscana immerso in piena campagna elettorale, Borghi fa parlare di sé twittando come un forsennato come solo lui sa fare e beccandosi le ramanzine dei forzisti per un cinguettio in cui sbeffeggia l’hackeraggio al sito del Pd toscano tirando in ballo l’Isis.
Tuttavia, mentre a Roma Salvini ha siglato un patto di ferro con la leader di Fratelli d’Italia, Giorgia Meloni, a Firenze il partito della destra continua a puntare sul suo capogruppo in Regione Giovanni Donzelli come candidato governatore. Era stato lui alcuni mesi fa a sollevare la polemica sui finanziamenti pubblici alla società poi fallita di Tiziano Renzi, padre del premier. “Con Borghi ci sentiamo costantemente, è una persona di altissimo livello, ma non conosce a fondo le problematiche della Toscana” ha detto Donzelli. La soluzione migliore, suggerisce qualcuno da entrambi i partiti, sarebbe il ticket Borghi-Donzelli, e non è escluso che ci si arrivi.
FORZA ITALIA DILANIATA: IL RUOLO DEI VERDINIANI
Senza un leader riconosciuto da tutti e priva di una strategia (condivisa), Forza Italia non è ancora venuta a capo della candidatura alle regionali. Gli azzurri sono divisi in almeno tre correnti e risentono delle divisioni romane. Il pasticcio combinato ieri alla Camera sul voto alla riforma costituzionale del Senato vede infatti come protagonisti proprio gli esponenti toscani: la lettera dei 18 deputati vicini a Denis Verdini è stata scritta da Massimo Parisi, coordinatore regionale e colonnello del senatore. In quelle righe rivolte a Silvio Berlusconi si manifesta il “profondo disagio e dissenso rispetto alla decisione di votare contro le riforme costituzionali” che “non sono mostruose” e si attacca il capogruppo alla Camera Renato Brunetta per il “deficit di democrazia” dentro al gruppo. A guidare la rivolta dei sostenitori del Patto del Nazareno con Renzi c’è anche la deputata maremmana Monica Faenzi, mentre a Palazzo Madama tra chi sostiene questa linea c’è il senatore pratese Riccardo Mazzoni. I verdiniani fanno quadrato anche sulle elezioni regionali: vogliono candidare a governatore l’imprenditore Giovanni Lamioni, presidente della Camera di commercio di Grosseto e vicepresidente nazionale di Unioncamere, vicino a Gianni Letta, sul quale è arrivato anche l’ok di Area Popolare. Non ne vogliono sapere di concedere il candidato alla Lega Nord, che già ha ottenuto quello in Emilia-Romagna e sta strappando pure quello in Liguria.
L’ASSE TOTI-BERGAMINI
Il compito di frenare i verdiniani in Toscana è affidato all’asse dei fedelissimi berlusconiani del cerchio magico: la deputata viareggina Deborah Bergamini, responsabile comunicazione di Forza Italia, e l’europarlamentare Giovanni Toti da Massa Carrara, consigliere politico dell’ex premier. Hanno deciso che è arrivato il momento di strappare a Verdini il partito in Toscana, in una battaglia dove le vicende regionali si intrecciano con quelle romane che vedono contrapposti i due fronti interni. Toti e Bergamini avevano deciso di puntare sulla candidatura a governatore di Massimo Mallegni, l’ex sindaco di Pietrasanta (provincia di Lucca) assolto dopo una spiacevole disavventura giudiziaria, il quale però si è ricandidato a sindaco del suo Comune. Così i due fedelissimi dell’ex Cav devono trovare un altro nome per scalzare Lamioni scelto dai verdiniani.
IL TERZO POLO DENTRO FI
C’è infine un terzo polo dentro i forzisti toscani, che non sta né con Verdini, né col leader Berlusconi. E’ quello dei fittiani o comunque dei ribelli duri e puri contro il patto con Renzi, guidati dall’ex tesoriere del Pdl, il deputato aretino Maurizio Bianconi, convinti che l’unica strada percorribile sia quella dell’alleanza con la Lega Nord e Fratelli d’Italia per organizzare una dura opposizione a Rossi. Mentre con l’operazione Lamioni, va dicendo Bianconi, si sposa una strategia da Forza Renzi che non ha alcuna prospettiva.
NESSUNA STRATEGIA A TRE MESI DAL VOTO
Tra chi vuole correre con Lamioni in accordo con Ncd-Udc, chi preferisce un altro candidato, chi cerca l’alleanza con la Lega e chi invece invoca una corsa solitaria, Forza Italia in Toscana si ritrova senza alcuna strategia a tre mesi dal voto. Tanto che l’Ncd guidato in regione dal sottosegretario Gabriele Toccafondi non sa nemmeno più a chi rivolgersi per interloquire con gli azzurri. L’ipotesi della corsa solitaria è balenata in mente a qualcuno del gruppo regionale dopo l’approvazione della nuova legge elettorale: lo sbarramento al 10% per le coalizioni rischierebbe di lasciare fuori un’eventuale alleanza tra Fi e Area Popolare, mentre il 5% per la singola lista sarebbe maggiormente alla portata degli azzurri.