Complesso negoziare tra i bombardamenti, eppur qualcosa si muove in Libia. Nonostante i combattimenti in atto da giorni a Tripoli, i colloqui di pace vanno avanti in Marocco. E l’inviato speciale delle Nazioni Unite nel Paese, Bernardino León, pur non nascondendo la preoccupazione per il clima politico, prosegue la sua fitta rete d’incontri, che la scorsa notte l’ha portato a parlare con i rappresentanti dei due governi rivali di Tripoli e Tobruk, quello riconosciuto dalla comunità internazionale.
L’ATTIVISMO DI LEÓN
Ieri, il diplomatico spagnolo ha incontrato prima il ministro degli Esteri fuori dall’aeroporto di Tobruk, per poi raggiungere Tripoli, dove ha visto diversi membri del Congresso nazionale, tra cui il presidente Nuri Abu Sahmein. E ha registrato, in entrambi i casi, qualche apertura.
GOVERNO IN VISTA?
Per il Palazzo di Vetro la svolta sembra ormai questione di ore. La strada da percorrere rimane quella di un governo di unità nazionale. Secondo León, c’è infatti la “possibilità” che i due parlamenti libici riuniti a Rabat per discutere, possano proporre “i primi nomi per un esecutivo questa settimana“. “Ci sono due opzioni in campo”, commenta a Formiche.net Mattia Toaldo, analista presso lo European Council on Foreign Relations di Londra. “Una è quella del governo tecnico. In quel caso l’identificazione di un nome condiviso dalle parti sarà più veloce. La seconda è quella di un nome politico e allora bisognerà vedere se si punterà su nomi di alto o basso livello. Se l’inviato dell’Onu ha detto che basterà una settimana, probabilmente si sta andando o verso la scelta di un tecnocrate o di un politico di basso profilo. In poche parole, al momento, sta prevalendo l’idea che è importante arrivare alla formazione governo, qualunque esso sia“.
CLIMA TESO
Dopo mesi di negoziati infruttuosi, l’annuncio è arrivato ieri un po’ a sorpresa da León, che si è sbilanciato al termine di un incontro a Bruxelles con 34 sindaci delle città libiche, a cui ha preso parte anche l’alto rappresentante dell’Unione europea per gli Affari esteri e la politica di sicurezza, Federica Mogherini. I due hanno ribadito la volontà di scartare una soluzione militare e di puntare il tutto per tutto su un percorso di pacificazione politica, che però è ancora da consolidare, come dimostrano alcuni rigurgiti di violenza delle scorse ore. Subito dopo il summit, le truppe filogovernative libiche hanno compiuto un raid aereo contro un deposito d’armi nei pressi di Tripoli, controllato da una forza rivale, che Tobruk ha identificato in Alba della Libia. Ma quest’ultima ha smentito la versione del governo legittimo, accusando a sua volta la parte avversa di avere colpito dei civili. La coalizione Fajr Libya al potere nella capitale, infatti, ha confermato il raid, ma ha spiegato che a rimanere colpito è stato un campo profughi a Tarhouna: “Almeno otto civili sarebbero morti”, secondo il bilancio fornito dalle milizie. Al momento non è possibile confermare nessuna delle due versioni, ma l’episodio rende l’idea della confusione che impera sul territorio, aggravata dalla presenza degli uomini del califfato nero.
I NODI DA SCIOGLIERE
Proprio quello della sicurezza rimane per Toaldo il nodo più importante da sciogliere, in una Libia travolta ancora dal caos. Per la formazione di un governo, spiega l’esperto, “ci sono due ordini di problemi. Il primo è di sicurezza. Essere nominati vuol dire andare a Tripoli, nella migliore delle ipotesi a lavorare barricati in grandi alberghi, come quello che venne attaccato non molto tempo fa, il Corinthia”. Indiscrezioni – scrive Giuseppe Sarcina sul Corriere della Sera – parlano di uno schema che prevede una terna al comando dell’esecutivo. Il primo ministro dovrebbe essere una figura terza, di competenza e prestigio riconosciuta in tutto il Paese. Sarebbe affiancato da sue vice premier: uno indicato da Tripoli, l’altro da Tobruk. Ciascuno di loro avrebbe il potere di veto sulle decisioni più importanti. Ma visto il quadro, per l’analista ha poco senso parlare di nomi, soprattutto i più autorevoli, come quello dell’ex primo ministro Mustafà Abushagur, che circola da tempo, ma che difficilmente potrebbe accettare in queste condizioni. “E poi – prosegue Toaldo – bisogna capire quale dei due parlamenti verrà legittimato per dare il voto di fiducia al nuovo governo. È molto più plausibile che ciò avvenga nella Camera dei rappresentanti del parlamento di Tobruk, reintegrato da chi non ne fa più parte. Ed è molto probabile che, per dare l’immagine di una nazione nuovamente unita, la prima seduta del nuovo esecutivo avvenga a Tripoli. E anche in questo caso il rischio di attentati da parte dello Stato Islamico sarebbe molto alto“. Non secondario, infine, il quadro regionale e il coinvolgimento di potenze come l’Egitto nei negoziati. Contro una “scheggia impazzita” come Khalifa Haftar e la sua Operazione dignità, sottolinea ancora l’esperto, “poco o nulla possono fare i fragili parlamenti libici, anche se uniti. Decisivo potrebbe essere invece un ammonimento del referente politico del generale, Il Cairo. Questo sì che potrebbe dare alla Libia lo slancio necessario per guardare al futuro“.