Un deputato noto solo come “renziano di ferro”, tal Richetti, per elevare il dibattito interno al PD, ha detto che la minoranza del suo partito cerca solo posti nelle liste elettorali. Le minoranze (al plurale) di questo partito, in un confuso raduno all’Acquario, hanno mostrato a mio avviso una sostanziale impotenza politica. Il tema quindi non è quello dei posti, ma quello della politica.
D’Alema, come sempre, parla come se venisse da un altro pianeta: mai un’autocritica sulle responsabilità di chi ha diretto il PDS, i DS e ha fondato con altri il PD, facendosi poi rottamare ma sperando sempre che Renzi lo recuperasse per un alto incarico in Europa. Massimo conclude così – male – la sua parabola politica, anche se aveva tutti i numeri per esercitare un ruolo rilevante nella riorganizzazione della sinistra. Bersani è una brava persona, un militante onesto della sinistra, ma sbagliò tutto guidando le elezioni del 2012 e soprattutto dopo, quando si trattava di dare un governo al Paese: ha lasciato così spazio per il successo di Renzi.
Con queste mie osservazioni non voglio dire che D’Alema, Bersani e altri dovrebbero sparire dalla vita politica. Ma l’opposizione a Renzi dovrebbe costruire una piattaforma politica in cui si chiariscano autocriticamente gli errori fatti, le cause per cui è stato possibile non solo l’avvento trionfale del renzismo ma anche del trasformismo. E su questa base delineare una prospettiva, incentrata non solo sui sì o i no a questa o quella legge, ma su un’alternativa che investa i caratteri che debba avere il PD come partito della sinistra europea con radici profonde nella storia della sinistra socialista e cattolica italiana.
Una battaglia quindi di lungo respiro, su cui dovrebbero impegnarsi soprattutto i giovani e gli intellettuali, senza rottamare nessuno. Un nuovo gruppo dirigente si può formare solo nel fuoco di una forte battaglia politica e culturale che abbia dimensioni generali. Non nelle tattiche parlamentari.
(post tratto dal profilo Facebook di Emanuele Macaluso)