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Air gun reato? Ecco cosa rischiano le imprese

La decisione del Senato di riconoscere come reato ambientale l’attività di air gun rischia di mettere in difficoltà l’intero settore italiano dell’offshore e in particolare l’indotto composto da piccole e medie imprese. Il grido d’allarme arriva da Gianni Bessi, già vicepresidente della Provincia di Ravenna e oggi consigliere regionale del Pd in Emilia-Romagna, convinto che l’emendamento approvato a inizio marzo a Palazzo Madama (e nel quale il governo Renzi è stato battuto) possa “mandare in crisi decine di subcontrattisti italiani, con conseguente declino economico e lavorativo dei territori”.

LA SFERZA DELL’AMBASCIATORE INGLESE

Una questione non proprio localistica, visto quanto ha detto oggi al quotidiano la Repubblica l’ambasciatore inglese in Italia, Christopher Prentice, intervistato da Federico Fubini: “ci sono lobby che hanno inserito un emendamento in parlamento tale da rendere reato penale ciò che nel resto del mondo è una normale procedura di esplorazione off-shore. Per ogni progetto, fondate preoccupazioni ambientali devono essere prese in considerazione, ma in questo caso si tratta di misure assurde ed estreme. Mi auguro che il governo le sventi. È una questione seria, rischiano di cancellare dall’Italia investimenti per 10 miliardi”.

GUAI A CHI UTILIZZA IL METODO AIR GUN

Il 4 marzo scorso al Senato è arrivato il via libera al ddl sui reati ambientali con 165 voti favorevoli, 49 contrari e 18 astenuti; ora al provvedimento non resta che tornare alla Camera per la terza lettura. Un risultato, questo, ottenuto soltanto dopo che il giorno precedente, ossia il 3 marzo, i relatori del Governo avevano dato parere contrario all’emendamento presentato da alcuni esponenti di Gal e Forza Italia con primo firmatario il senatore siciliano Giuseppe Compagnone, eletto col Pdl in quota Movimento per le Autonomie (Mpa) poi passato nel gruppo Grandi Autonomie e Libertà. In base alla modifica chiesta al ddl, viene punito con la reclusione da uno a tre anni chiunque faccia ricorso al metodo air gun nell’ispezione dei fondali marini. Ma in cosa consiste questa particolare tecnica? Serve – dicono i tecnici del comparto – per individuare la presenza di idrocarburi nel sottosuolo sfruttando una sorta di arma ad aria compressa per “sparare” onde sonore che rimbalzano dal fondale e in base all’eco prodotto possono rivelare la presenza o meno di giacimenti. Le associazioni ambientaliste ne contestano l’utilizzo sostenendo che provochi ingenti danni alla fauna marina.

IL SETTORE FIORE ALL’OCCHIELLO ORA RISCHIA

“Prevedendo il carcere per chiunque utilizzi questa tecnologia, sfruttata in tutto il mondo per acquisire dati sul sottosuolo anche in campo geologico e sismico, si azzera qualsiasi attività di perlustrazione in mare e con essa ogni possibile ricerca e sviluppo futuro di giacimenti di metano e petrolio”, dice a Formiche.net Bessi, che in passato ha fatto parte della segreteria dei ministri Paolo De Castro all’Agricoltura ed Enrico Letta all’Industria. L’esponente del Pd romagnolo ricorda che proprio nei giorni scorsi a Ravenna si è conclusa la 12° edizione dell’OMC, l’Offshore Mediterranean Conference, che ha visto la partecipazione di 21mila visitatori e oltre 600 espositori tra cui le principali compagnie petrolifere del Mediterraneo e pure colossi italiani come Eni, Saipem e Fincantieri. Segno che in Italia quello dell’offshore è un settore fiore all’occhiello della nostra industria. “La costruzione di una piattaforma di estrazione costa un miliardo e in Italia operano imprese in grado di realizzarla in ogni sua parte”, sottolinea il consigliere del Pd emiliano-romagnolo. Ed è proprio questa “filiera lunga e tutta made in Italy” a rischiare grosso dopo il voto al Senato.

SE LA TECNICA AIR GUN DIVENTA UN REATO

Ad essere molto preoccupate sono “soprattutto le piccole e medie imprese dell’indotto”, spiega Bessi. E questo perché “le grandi aziende comunque hanno la forza di concorrere per le commesse estere”, quindi se in Italia le istituzioni gli mettono i bastoni tra le ruote, loro si possono trasferire all’estero a lavorare senza grossi problemi anche dall’altra parte del mondo. Discorso diverso per le piccole e medie imprese, i cosiddetti subcontrattisti italiani che ruotano attorno alla realizzazione di una piattaforma e si vedrebbero privati delle loro commesse. “Siamo certi – si chiede Bessi – che ci convenga continuare nella strada delle penalizzazione del settore energetico procedendo tra l’altro in controtendenza rispetto al resto del mondo e finendo per condannare all’irrilevanza uno dei settori dove siamo all’avanguardia?”. Il consigliere regionale del Pd è convinto che “questa non sia una battaglia ideologica”, dal momento che “l’energia è con noi in ogni momento della giornata, è un elemento indispensabile, anzi insostituibile, della nostra vita: ecco perché non ci si può mai fermare nella ricerca di fonti energetiche, tradizionali e alternative. E il settore offshore non è solo una risorsa economica, ma anche sociale, perché produce ricerca e innovazione, e impiega lavoratori ad alto profilo professionale, dagli ingegneri fino alla manodopera specializzata”.


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