Concentrazione sull’utente finale e attenzione all’esercente pubblico, servizi di dematerializzazione, introduzione e vantaggi del buono pasto elettronico e alcuni utilizzi impropri. Ecco cosa gravita intorno al mercato dei buoni pasto, sul quale sono arrivate critiche sia della grande che della piccola distribuzione, secondo Giovanni Savinelli, responsabile finanziario di Repas, l’azienda attiva nel settore dei buoni pasto in 6 regioni italiane: Marche, Abruzzo, Molise, Puglia, Umbria e Campania, dov’è presente da 25 anni.
IL RICORSO DI FIPE
I piccoli esercenti di Fipe-Confcommercio hanno presentato ricorso al Tar del Lazio per denunciare i vizi della gara “Buoni Pasto 7” da 1 miliardo di euro indetta da Consip e tutt’ora in corso per la fornitura annuale dei servizi sostitutivi di mensa ai pubblici dipendenti.
“La Fipe pretende che siano cambiati i criteri di aggiudicazione della gara Consip perché i suoi associati vengono vessati da commissioni elevate. Ma a che titolo? – commenta Savinelli in una conversazione con Formiche.net – La gran parte dei buoni pasto, il 70%, vengono spesi nella grande distribuzione e solo una piccola quota nei bar e ristoranti. L’associato, poi, è un libero imprenditore e come tale può decidere se aderire ad un determinato contratto e a quelle condizioni”.
IL RUOLO DI CONSIP
Savinelli spiega così le ragioni per cui le richieste di Fipe, alle quali si sono aggiunte quelle di Federdistribuzione, che rappresenta delle imprese distributive alimentari e non che ha parlato di un mercato pieno di distorsioni, non possono essere accolte:
“Non è corretto attaccare i criteri di aggiudicazione della gara Consip perché essa soddisfa i requisiti stessi per cui esiste: la Consip è una centrale d’acquisto e svolge egregiamente il suo compito, che è quello di acquistare servizi per la pubblica amministrazione garantendo la qualità per i dipendenti e portando a casa del risparmio. Nell’attuale gara Consip 6, ad esempio, la società del Tesoro con un miliardo di euro spesi, porta a casa circa 200 milioni di risparmio, il 20%. Risparmia la Consip, risparmia lo Stato e risparmiano i cittadini italiani. E sicuramente questo non avviene sulle spalle degli esercenti”, spiega il responsabile finanziario di Repas.
Il Tar del Lazio ha respinto il ricorso, rilevando nell’ambito della Fipe la presenza sia degli esercizi pubblici e, attraverso Anseb, di alcune società emettitrici di buoni pasto: “Come ha denunciato anche il Tar – commenta Savinelli – c’è una posizione ambivalente nelle denunce della Fipe, che ha all’interno le due multinazionali francesi che, guarda caso, sono fuori dalla gara Consip da sette anni”.
GARE AL MASSIMO RIBASSO?
Uno dei problemi maggiori rilevati dalla grande distribuzione sarebbero le gare al massimo ribasso. Federdistribuzione teme infatti che gli sconti riconosciuti alla pubblica amministrazione nella scorsa gara, che sono arrivati a superare il 20% del valore del buono, possano caratterizzare anche l’attuale gara, ripercuotendosi poi sugli esercenti
“La gara non è al massimo ribasso. L’offerta economica, lo sconto che viene applicato sul buono pasto, è una componente del punteggio, sul quale incidono altri requisiti di qualità”, spiega Savinelli.
L’UTILITÀ DEI SERVIZI AGGIUNTIVI
“Esistono poi dei servizi aggiuntivi che hanno una loro quotazione lasciata al libero mercato e che hanno avuto un’adesione notevole da parte dei pubblici esercizi”. Un esempio?
“La Consip ha avuto il merito di istituzionalizzare un servizio molto utile per i convenzionati, che è quello della dematerializzazione del buono cartaceo”, spiegano da Repas.
Ecco di cosi si tratta: “La Repas emette il buono cartaceo, il cliente lo consegna ai propri dipendenti, il dipendente lo spende presso l’esercizio pubblico che è dotato di un pos che legge il codice a barre e il buono rientra telematicamente al centro servizi. Il commerciante a quel punto può stracciarlo senza più essere oberato dal lavoro di conteggio dei buoni, emissione della fattura e spedizione dei buoni con tutti i rischi che comportano tali passaggi”, spiega Savinelli.
VERSO UNA RETE UNICA
Repas si mostra aperta anche alla possibilità di trovare una soluzione che elimini la gravosità per l’esercente convenzionato di avere sul banco i lettori dei buoni pasto delle diverse società emettitrici. “Trovare un accordo sul mercato è difficile. Noi siamo aperti a qualsiasi soluzione che possa giungere all’obiettivo finale, che è quello di una rete unica. Non abbiamo la forza nel mercato di poter chiudere o creare un accordo, per questo stiamo pensando di appoggiarci al circuito bancario”, dice Savinelli.
L’UTILIZZO IMPROPRIO DEL BUONO CARTACEO
In questo modo, gran parte dell’onerosità del servizio in capo all’esercente sembra essere risolta. Ma dematerializzazione e pos unico, così come altri servizi aggiuntivi, hanno un costo lasciato alla trattativa tra l’emettitrice e il pubblico esercizio.
“La Federdistribuzione lamenta commissioni troppo alte, però dimentica che l’utilizzo del buono pasto all’interno della grande distribuzione, viene fatto in maniera impropria: il buono pasto dovrebbe essere non cumulabile e quindi ne andrebbe speso uno al giorno e non essere destinato all’acquisto di prodotti che esulano dalla pausa pranzo del dipendente e quindi non compresi tra quelli offerti dal banco gastronomia”.
Cosa cambia? “La commissione che l’esercente deve riconoscere alla società del buono pasto è alta se viene applicata a prodotti con una marginalità di guadagno molto ristretta, quali sono quelli per i quali avviene l’abuso da parte del dipendente”.
Ed ecco l’idea di porre un freno alla spendibilità del buono:
“Purtroppo il buono cartaceo non permette di controllare questo uso improprio dei ticket. Diversa potrebbe essere la procedura applicabile con il buono elettronico. L’azienda che emette il buono pasto potrebbe limitare la spendibilità del buono in una determinata fascia oraria, presso determinati esercenti e soprattutto posso prevedere che ne vengano spesi uno al giorno, che è poi quello previsto dalla legge”, conclude il responsabile finanziario di Repas.