Sui grandi giornali ha avuto poco risalto quanto detto dal Papa nell’udienza generale di mercoledì scorso, in cui è stato inaugurato un ciclo di catechesi dedicate all’uomo e alla donna e al sacramento del matrimonio.
“ESPRESSIONE DI UNA FRUSTRAZIONE E DI UNA RASSEGNAZIONE”
Francesco ha nuovamente tuonato contro il gender, cosa che aveva già fatto in occasione della visita a Napoli dello scorso marzo e durante il viaggio di gennaio nelle Filippine. “Io mi domando se la cosiddetta teoria del gender non sia anche espressione di una frustrazione e di una rassegnazione, che mira a cancellare la differenza sessuale perché non sa più confrontarsi con essa. Sì, rischiamo di fare un passo indietro”, ha detto il Pontefice, aggiungendo che “rimozione della differenza è il problema, non la soluzione. Per risolvere i loro problemi di relazione, l’uomo e la donna devono invece parlarsi di più, ascoltarsi di più, conoscersi di più, volersi bene di più. Devono trattarsi con rispetto e cooperare con amicizia. Con queste basi umane, sostenute dalla grazia di Dio, è possibile progettare l’unione matrimoniale e familiare per tutta la vita”.
I DUBBI SULLA CULTURA MODERNA E CONTEMPORANEA
Il Papa ha anche sollevato qualche perplessità sulla “cultura moderna e contemporanea”, che ha sì “aperto nuovi spazi, nuove libertà e nuove profondità per l’arricchimento della comprensione di questa differenza”, ma ha anche “introdotto molti dubbi e molto scetticismo”. Il legame matrimoniale e familiare, ha aggiunto, “lo è per tutti, non solo per i credenti. Vorrei esortare gli intellettuali a non disertare questo tema, come se fosse diventato secondario per l’impegno a favore di una società più libera e più giusta”.
LE CRITICHE DI AVVENIRE
“L’uomo e la donna, come coppia, sono immagine di Dio. La differenza tra uomo e donna non è per la contrapposizione, o la subordinazione, ma per la comunione e la generazione, sempre ad immagine e somiglianza di Dio”. Parole chiare e nette, dunque. Eppure, ben poco spazio hanno trovato le frasi di Francesco sui media più diffusi. Ne parla oggi anche Marina Corradi, in un editoriale apparso su Avvenire: “Il Papa, si sa, è molto amato, e normalmente i quotidiani riportano con grande risalto le sua parole e le sue battute. Però, non sempre”. Ieri (giovedì, ndr) “queste sue particolari parole erano quasi sparite dai giornali. Sui due più diffusi quotidiani nazionali la notizia era, in uno, relegata a nove righe a pagina 24, e sull’altro proprio non c’era. Solo il Fatto – scrive Corradi – le ha dedicato un commento”. In realtà pure il Foglio ne ha parlato, ma evidentemente al quotidiano dei vescovi è sfuggito. A ogni modo, la realtà corrisponde all’analisi dell’editorialista di Avvenire.
“CHI SONO IO PER GIUDICARE?”
Se si pensa al riscontro mediatico che ebbe la frase “Chi sono io per giudicare?”, pronunciata dal Papa durante il viaggio di ritorno da Rio de Janeiro, mistificata e non compresa nella sua totalità, la differenza d’approccio è evidente. Soprattutto se nel frattempo Francesco è stato sbattuto sulle copertine di riviste lgbt, identificato come paladino della causa. La rivista The Advocate, rivolta a un pubblico omosessuale, nel 2013 elesse Bergoglio addirittura a personaggio dell’anno. Nella motivazione, si spiegava che il Pontefice argentino aveva impresso un “importante segno di discontinuità” rispetto ai suoi immediati predecessori.
“ATTENZIONE A NON GIUSTIFICARE LA DISEGUAGLIANZA”
Anche il Fatto quotidiano, con un commento di Caterina Soffici, metteva in guardia dalla corretta interpretazione delle frasi del Papa: “Vedrete che le sue parole saranno strumentalizzate da quell’area cattolica super conservatrice che non ha mai digerito una donna indipendente, che lavora e mette il naso fuori casa per impegnarsi in qualcosa che non sia beneficenza o cura della famiglia”. E poi, nell’originale lettura che ne dà il quotidiano diretto da Marco Travaglio, “caro Francesco, va bene esaltare la diversità, ma attenzione a non giustificare la diseguaglianza. Sarebbe un peccato se un Papa che tira fendenti micidiali contro tutte le altre diseguaglianze e che ha perfino sdoganato i gay, cadesse nel solito tranello della chiesa tradizionale e di quegli ambienti intellettuali che continuano a vivere la libertà femminile come una minaccia”.