L’ennesima tragedia della disperazione nei nostri mari potrebbe costituire il macabro prologo delle nuove misure che l’Unione europea e Palazzo Chigi vagliano per porre un argine ai naufragi delle carrette che salpano dalle coste libiche.
LO STUDIO DI BRUXELLES
Ben prima che il barcone di ieri affondasse, trascinando con sé negli abissi circa 900 vite, il servizio esterno della Commissione europea guidato da Federica Mogherini aveva prodotto un documento sulle possibilità di intervento della Ue nella crisi di Tripoli. Lo studio verrà presentato oggi in Lussemburgo, dove si ritrovano i ministri degli Esteri europei. Il testo “non affronta direttamente la questione del traffico di esseri umani – scrive Carlo Bonini su Repubblica – ma si concentra sulle opzioni che l’Europa ha davanti a sé per assicurare la pacificazione e avviare la ricostruzione del Paese“.
La premessa è che si dia corso a quel governo di unità nazionale che persegue da tempo l’inviato dell’Onu nel Paese, Bernardino Leon. “A questo punto – prosegue il quotidiano diretto da Ezio Mauro –, Bruxelles ipotizza cinque possibili opzioni di intervento, ordinate in una scala crescente di impegno, che potrebbero essere organizzate sotto la bandiera europea“: un’azione di supporto e monitoraggio del cessate il fuoco; la protezione e il supporto alle infrastrutture strategiche; la terza e la quarta opzione si riferiscono al controllo delle frontiere libiche; infine, un’attività di sorveglianza marittima nelle acque territoriali libiche.
IL CONTINGENTE MILITARE
Un lavoro che va di pari passo a quello dell’Italia, che lavora a una sua proposta basata su un’operazione di polizia internazionale autorizzata da Bruxelles e Onu, che dovrebbe assicurare una cornice legale all’operazione. L’idea potrebbe essere presentata già oggi, nel già citato vertice in Lussemburgo. Si tratta, spiega Fiorenza Sarzanini sul Corriere della Sera, di un modo per “mettere sotto controllo le spiagge e i porti della Libia” con l’ausilio di “un contingente militare autorizzato dall’Unione europea – possibilmente anche dalle Nazioni Unite – per fermare l’attività degli scafisti“.
IL BLOCCO NAVALE
Tutte le opzioni, continua il giornale diretto da Ferruccio de Bortoli, sono state analizzate prima della riunione convocata ieri a Palazzo Chigi dal presidente del Consiglio Matteo Renzi. La prima ad essere scartata è stato il blocco navale, da attuare a poche decine di miglia dalla Libia. Per il premier “non si può fare, si fa un favore agli scafisti“, approntando una sorta di “servizio taxi” per i criminali. “Impossibile – per lo stesso motivo, prosegue il Corriere della Sera – anche il ripristino di una missione umanitaria sul modello di «Mare Nostrum» proprio perché agevolerebbe l’attività criminale di chi sa che alle persone imbarcate anche su mezzi di fortuna basterà lanciare un sos poco dopo la partenza per essere soccorse e salvate“. Per il democratico Nicola Latorre, presidente della commissione Difesa al Senato, “Ue e Onu” dovrebbero predisporre proprio un “blocco navale per fermare traffico di esseri umani“.
L’OPZIONE MILITARE
L’unica strada ritenuta percorribile in questo momento è quella di un intervento mirato a debellare le organizzazioni criminali. Come? “L’ipotesi esplorata in queste ore – ha scritto Sarzanini del Corriere della Sera – prevede un intervento nella parte settentrionale della Libia, coinvolgendo, se possibile, anche gli altri Stati africani. Il via libera dell’Unione Europea, ancora meglio dell’Onu, si rende necessario perché altrimenti si tratterebbe di un vero e proprio atto di guerra, impensabile anche nei confronti di uno Stato che attualmente ha una situazione totalmente fuori controllo. Una missione di terra alla quale l’Italia parteciperebbe con l’Esercito, con la Marina Militare e con l’Aeronautica seguendo uno schema che ricalca” per gli aspetti tecnici “in parte quello applicato in Libano nel 2006“.
L’ASSISTENZA UMANITARIA
Un’operazione di questo tipo includerebbe anche “l’avvio di un intervento umanitario per garantire alle migliaia di persone in fuga di avere assistenza in Africa e accoglienza in Europa“. Un progetto seguito dal ministero dell’Interno prevede “la creazione di almeno tre campi profughi” in Niger, Tunisia e Sudan “dove esaminare le istanze di asilo in modo da poter avviare la procedura con i Paesi indicati dai richiedenti” grazie anche all’organizzazione dell’Alto commissariato per i rifugiati e dell’Oim, l’Organizzazione di assistenza ai migranti.
DISTRUGGERE I BARCONI
L’ultima opzione al vaglio di Renzi, spiega sempre su Repubblica Goffredo De Marchis, potrebbe essere una vera e propria dichiarazione di guerra agli scafisti, con “l’affondamento dei barconi“. Un modello che “funzionò in Albania, laddove, dopo una crisi politica che sfiorò la guerra civile, si insediò un governo riconosciuto. Il dialogo tra l’Italia e le autorità albanesi consentì alla Marina di distruggere la flotta criminale di Valona e Durazzo. In Libia“, però – ed è questo il vero problema – “non si sa con chi parlare“.