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Libia e sbarchi, le troppe bizzarrie di noi europei

Riceviamo e volentieri pubblichiamo

A scuola per invogliarmi a studiare la storia le mie insegnanti mi dicevano sempre “bisogna imparare la nostra storia, il nostro passato, per non ripetere gli errori che abbiamo commesso”.

Mi pare che siamo in molti a non essere stati attenti alle lezioni, oppure non si può spiegare quello che sta succedendo nel Mediterraneo.

Che differenza c’è tra far finta di non vedere i lager nazisti durante la seconda guerra mondiale e voltare le spalle di fronte alla miriade di persone che stanno morendo giorno dopo giorno nel Mediterraneo?

Che razza di gente siamo noi europei che (teoricamente tutti premier Nobel per la pace) appoggiamo tiranni nelle regioni africane e del medio oriente finché ci fanno comodo, ma poi, per capricci (leggasi Sarkozy che voleva il petrolio che scorreva verso l’Italia) li disarcioniamo lasciando i Paesi in balie di bande di briganti. Parlo della Libia, ma potrei dire anche Siria, o in parte Egitto e forse domani Bahrain.

Ovviamente non interveniamo militarmente perché “teoricamente” sono faccende interne a uno Stato. Forse sarebbe più onesto dire che un intervento militare costa enormemente, mentre, se si fanno la guerra tra di loro o se quantomeno se la gestiscono tra paesi vicini, noi, premier Nobel europei, ci guadagniamo anche, dato che comprano le nostre armi.

Che razza di gente siamo noi europei che scendiamo in piazza in massa, che raduniamo tutti i nostri premier e presidenti, perché un paio di giornalisti francesi (quindi europei) vengono ammazzati ma che, quando centinaia di persone africane muoiono, ci voltiamo dall’altra parte?

I giornalisti di Charlie Hebdo così come gli immigrati morti nel Mediterraneo (parliamo di migliaia da inizio anno) volevano la stessa cosa: La Libertà

Certo, nessuno di noi è teoricamente colpevole, in fondo mica sono “io” che li butto in mare o che li ammasso fino all’indecenza su navi malandate, non sono mica “io” che sgozzo tutti quelli che si oppongono alla mia religione.

E loro, gli immigrati, i deceduti, che colpa hanno?

Solo quella di essere nati in un posto diverso dal nostro, solo quella di voler essere felici come noi, perché mentre noi ci lamentiamo della nostra vita e della nostra quotidianità, loro guardano alla nostra vita, alla nostra quotidianità come ad un paradiso.

Sì, siamo in un paradiso ma noi non siamo certo Angeli.



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