I colossi dell’economia digitale che operano in Italia potrebbero trovarsi presto davanti ad una scelta: vedersi applicare una ritenuta del 25% sui pagamenti a loro favore, oppure rinunciare alla loro sede sociale in Paesi a fiscalità privilegiata e trasferire tutto nel nostro Paese.
Messa a punto dal sottosegretario all’Economia, Enrico Zanetti, l’idea riprende i suggerimenti dell’Ocse che ha elaborato una serie di proposte per fare in modo che tali società paghino le tasse presso i paesi dove gli affari vengono effettivamente realizzati.
COSA PREVEDE
“Il piano – ha scritto il Corriere della Sera -, prevede l’applicazione di una ritenuta alla fonte del 25%, operata da banche e intermediari, sui pagamenti a favore delle multinazionali con sede all’estero”.
“Per evitare l’imposizione anche nel paese di residenza – scrive il giornalista Mario Sensini – a queste società verrebbe riconosciuto un credito d’imposta pari all’importo delle tasse versate in Italia”. Ma queste società hanno anche un’alternativa: “Dichiarare una «stabile organizzazione» in Italia, con un proprio bilancio e redditi imponibili”.
I NUMERI
Google, Facebook, Amazon e tutte le altre multinazionali dell’economia digitale che operano via internet fatturano in Italia circa 11 miliardi di euro, ma ne pagano all’erario meno di 10 milioni di euro l’anno, cioè meno dell’uno per mille.
Come fanno? “Con la sede sociale in Paesi a fiscalità privilegiata, una struttura societaria complessa, e giocando sui prezzi di trasferimento infragruppo, riescono alla fine quasi a non pagare le imposte, se è vero che in media, a livello mondiale, versano l’1% del fatturato”, spiega Sensini sul Corriere.
La proposta di Zanetti, noto tributarista, neo segretario di Scelta Civica e sottosegretario all’Economia sarebbe già da qualche giorno sul tavolo del presidente del Consiglio, Matteo Renzi, che secondo le indiscrezioni del Corriere della sera sarebbe intenzionato a portarla avanti con l’obiettivo di inserirla a giugno nel nuovo pacchetto di decreti legislativi di attuazione della delega per la riforma fiscale.
LA POSIZIONE DI CONFINDUSTRIA DIGITALE
La proposta ha avuto eco questa mattina nel seminario a porte chiuse a Montecitorio e organizzato da Confindustria Digitale dal titolo “Fiscalità nell’economia digitale”, con cui la federazione presieduta da Elio Catania ha inteso aprire il dibattito sul tema con il contributo dell’industria. Ma sul piano annunciato questa mattina dal Corriere, Confindustria Digitale non sembra aver preso posizione. “L’idea di base – hanno commentato a Formiche.net ambienti della federazione – è che serve una visione sistemica e non riforme spot”.
LA GUERRA CONTRO GOOGLE E COMPANY
Il piano segna un passaggio fondamentale nell’ambito della proposta legislativa, riassunta con il nome di “Web Tax”, formulata nel novembre 2013 dal parlamentare del Partito democratico e presidente della Commissione Bilancio della Camera dei deputati Francesco Boccia.
Il colosso di Mountain View avrebbe raggiunto un accordo con il fisco italiano sborsando un assegno da 320 milioni di euro per mettere fine al contenzioso sui vantaggi fiscali di cui avrebbe goduto in passato: un imponibile da 800 milioni prodotto in Italia tra il 2008 e il 2013.
ALTRE GRANE PER GOOGLE
La Commissione di Bruxelles ha aperto recentemente due indagini formali su Google per abuso di posizione dominante e sulla possibile violazione delle regole antitrust Ue da parte di Android, il sistema operativo per smartphone del colosso di Mountain View. Sullo sfondo restano diritto all’oblio e copyright.