Con una nota di martedì, il Dipartimento di Stato americano ha offerto una ricompensa di circa 20 milioni di dollari complessivi per ottenere informazioni importanti su quattro figure chiave dello Stato islamico.
Due di questi, Abu Mohammed al Adnani e Tarkhan Tayumurazovich Batirashvili, sono noti alle cronache ─ il primo è il famoso portavoce ufficiale dell’IS; l’altro è l’eroico “Omar al Shishani”, alto funzionario del Consiglio della shura (l’organo più importante del Califfato) e dal 2013 comandante militare per il nord della Siria (e cioè le provincie di Aleppo, Raqqah, Latakia e Idlib), ceceno come dice il suo nom de guerre, anche se è georgiano di etnia cecena. Gli altri due sono meno noti e rispondono al nome di Tariq Bin al Tahar Bin al Falih al ‘Awni al Harzi, che ha avuto un importante ruolo nel reclutamento e nel reperimento di fondi dai Paesi del Golfo e poi è diventato il capo dei kamikaze dell’IS; l’altro è Abd al Rahman Mustafa al Qaduli. Al Qaduli, secondo l’interpretazione di alcuni esperti come l’iracheno Hisham al Hashimi, è l’uomo conosciuto come Abu Alaa al Afri, già vice di Abu Musab al Zarqawi con al Qaeda in Iraq (l’Aqi, il prodromo dell’IS) ed emiro di Mosul.
Quando il mese scorso il Guardian pubblicò la notizia del ferimento del Califfo Abu Bakr al Baghdadi ─ colpito gravemente alla spina dorsale da un airstrike americano, che comunque non aveva definita l’entità dell’obiettivo ─, alcuni report associavano il nome di al Afri ad una sorta di reggenza del Califfato.Praticamente, il Pentagono non riconosce come vera la notizia del ferimento di Baghadadi, ma ora tutto d’un botto il Dipartimento di Stato esce con un comunicato in cui chiede a chiunque di fornire informazioni su colui che ha occupato il posto di vicario del Califfo durante la convalescenza ─ notare che per Qaduli, il Rewards for justice (lo spesso critica programma con cui il governo americano offre ricompense in cambio di obiettivi di rilievo) ha fissato la taglia a 7 milioni di dollari, mentre per gli altri si parla di 5 o 3 (per capirci, Baghadadi ne vale 10).
Al Afri è un ex professore di fisica nato a Tal Afar, cittadina del nord iracheno poco lontano da Mosul, e uno studioso dell’ideologo Abu Musaab al-Suri, riferimento del jihadismo sunnita. Anche il giornalista siriano Hassan Hassan lo ha definito come uno dei più importanti elementi dell’organizzazione ─ a quanto pare ha scalato le posizioni di rilievo negli ultimi mesi, dopo che l’IS ha iniziato a riportare sconfitte tattiche in Siria e Iraq. L’incarico di essere il coordinatore delle “wilayat”, le province dello Stato islamico, è il segno della fiducia che Baghdadi ha in lui: il suo compito è quello di correlare la testa dell’IS alle realtà locali ─ nell’organigramma del Califfato pubblicato il luglio scorso dal Telegraph, figura tra i vertici con il nome di Abu Suja. Secondo alcuni, addirittura Osama Bin Laden aveva sostenuto che ricadesse su di lui la scelta per guidare Aqi dopo l’uccisione di Abu Omar al-Baghdadi e Abu Ayyub al-Masri ─ alla fine invece fu scelto l’attuale Califfo Ibrahim.
Due osservazioni importanti: al Afri, secondo alcuni analisti, è più aperto alla riconciliazione con al Qaeda, segno importante che potrebbe segnare un passaggio futuro ─ si vedrà, chiaramente è tutto prematuro, e il dato per il momento è sempre quello: al Qaeda (al Nusra) e IS si combattono. E soprattutto, non c’è nessuna notizia ufficiale su una qualche sostituzione. L’altra osservazione è legata al comportamento degli americani, che negano che ci siano questioni legate ad un possibile cambio di leadership nell’IS, e negano che questo arrivi dopo il ferimento e l’inabilità di Baghdadi, ma al tempo stesso decidono di dare la caccia (perché sebbene quella prodotta dal Dep of State non sia una killing list, è presumibile che i quattro non verranno mai presi vivi) ai leader che potrebbero ricoprire il ruolo di “nuovo Califfo”.