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Putin, la nostalgia di Berlusconi e le ambiguità dell’Italia

Al cuor non si comanda. E Silvio Berlusconi è noto per essere un sentimentale. Si comprende quindi la posizione di chi, non avendo mai fatto mistero dei suoi intensi legami con Vladimir Putin, oggi torna sulla prima pagina del Corriere della Sera con un intervento tutto pro-Russia lamentando l’assenza dell’Europa alla parata militare organizzata a Mosca.

Il leader di Forza Italia mostra coerenza politica e certamente avrà trovato conforto nella posizione politica della Lega di Matteo Salvini (alla ricerca di sostegni in rubli) e nelle ambiguità di un governo che, con la voce del ministro degli Esteri, nega l’esistenza di una relazione speciale fra Russia e Cina. Anche il quotidiano di via Solferino conferma una linea di attenzione per le voci attente verso il Cremlino.

Solo poche settimane fa fece discutere una intervista di Romano Prodi nella quale l’ex premier – consulente di governi stranieri (Cina e Russia inclusi) – lamentava gli effetti delle sanzioni decise da Usa e Ue, a suo avviso troppo pesanti per l’economia italiana.
Tutto bene, quindi? Dispiace rovinare l’idillio, ma c’è chi la pensa diversamente. Anzitutto non è un caso che ci siano tutte quelle sedie vuote oggi a Mosca.

In parte ha ragione Berlusconi: è un fallimento per l’Europa. Certo, perché non ha saputo per tempo prendere una posizione netta contro la deriva nazionalista dello zar Putin che da quindici anni è al timone del suo Paese. La vicenda ucraina rappresenta un fatto di gravità inaudita e ogni ricostruzione minimizzante (“hanno ragione entrambi le parti”) è un’offesa alla verità dei fatti e della legalità internazionale.

Vi è poi da considerare proprio il rapporto fra Orso russo e Dragone cinese. Nonostante la miopia della nostra Farnesina, sono i due Paesi ad essere stati protagonisti della gestione di Edward Snowden, ad organizzare una inquietante esercitazione nel Mediterraneo (mare nostro, ancora?), a siglare un accordo sulla cyber warfare, ad operare congiuntamente in molti ambiti e in ogni caso con un approccio – il loro – degno dei tempi migliori della guerra fredda.

Ogni Paese fa i suoi business e il nuovo blocco asiatico, soprattutto Pechino, rappresenta una interlocuzione preziosa. Un conto sono gli affari ed un altro le relazioni politiche e le istanze di sicurezza. L’impressione amara è che troppo spesso la debolezza politica dell’Italia porti a svendere la propria posizione nella speranza di ricavarne qualche vantaggio economico. Che Berlusconi indossi il colbacco non fa scandalo. Il clima di generale acquiescenza sui rapporti con Putin invece fa riflettere. E non positivamente.


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