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Vitalizi, diavoletti e opportunismi

Il diavolo si nasconde notoriamente nel dettaglio. Che nella vicenda dei vitalizi parlamentari soppressi o sospesi a taluni condannati sta nel momento scelto per questa decisione, a lungo sostenuta dai presidenti del Senato e della Camera ma alla fine adottata nel bel mezzo di una campagna elettorale. E’ quella per il rinnovo, a fine mese, di sette Consigli regionali e oltre duemila amministrazioni comunali.

Nelle campagne elettorali, si sa, la propaganda sommerge il merito delle questioni. I partiti sono capaci di tutto, ed anche di niente, per un pugno di voti. Capaci anche di innalzare forche più o meno mediatiche per accontentare le solite, instancabili tricoteuses, come la letteratura chiama le donne che sferruzzavano, compiaciute, durante la Rivoluzione francese davanti alle teste che rotolavano sui patiboli.

A proposito di teste, ne sono comparse o ricomparse tante sui giornali in questi giorni per indicare le prede della caccia ai vitalizi dei condannati. Teste una volta coronate dal potere e oggi solo dai vitalizi, appunto, che rischiano di perdere entro luglio, salvo ricorsi o errori nella compilazione delle liste di proscrizione stese negli uffici parlamentari o, più spesso, solo nelle redazioni, con l’approssimazione che spesso le distingue, non foss’altro per la fretta. E con le curiosità paradossali come quella riguardante l’ormai ex senatore Silvio Berlusconi, che da una parte perderà circa 8 mila euro mensili e dall’altra ne recupererà 222.438 euro e 77 centesimi, in unica soluzione, per restituzione di contributi versati e non ancora tradottisi in vitalizio: una goccia nel mare, per lui, sia in uscita che in entrata. Una goccia che non lo distrae di certo dalle riflessioni e speranze di fronte al netto successo elettorale appena conseguito dai conservatori inglesi, a dispetto dei sondaggi.

Per togliere la decisione sui vitalizi dalle strumentalizzazioni elettorali bastava rinviarla al mese prossimo, ad urne archiviate. A trattenere da questa osservazione non può essere il fatto che a denunciare le perverse circostanze della vicenda sia stato, e a titolo personale, come ha tenuto subito a precisare il capogruppo del Partito Democratico al Senato, l’ultimo tesoriere comunista Ugo Sposetti. Che ha avuto solo il merito e il coraggio di dire, anzi di gridare la verità, poi riconosciuta e commentata anche da qualificati notisti politici non sospettabili di simpatie comuniste come Massimo Franco sul Corriere della Sera e Stefano Folli su La Repubblica.

Proprio il clima elettorale non ha risparmiato ai presidenti delle Camere, Pietro Grasso al Senato e Laura Boldrini alla Camera, la corsa al rialzo di un movimento antipartito come quello di Beppe Grillo, insoddisfatto della esclusione del reato di abuso d’ufficio fra quelli che costeranno il vitalizio ai condannati a più di due anni di reclusione. O della possibilità di riacquistare il vitalizio con la riabilitazione disposta in sede giudiziaria. Ne rimane sempre di osso da spolpare nell’inseguimento della purezza, perché alla fine c’è uno più puro di te che ti epura, come ricordava Pietro Nenni.

Ai presidenti delle Camere il costituzionalista e più volte consulente istituzionale Michele Ainis ha voluto riconoscere sul Corriere della Sera il merito doppio di non avere fatto “carriera di partito” e di avere salvato “da politici la politica”. Ma entrambi hanno accettato di arrivare al Parlamento per nomina dei rispettivi partiti, che li hanno candidati nelle liste bloccate. E debbono ai partiti, per le modalità delle loro designazioni, anche l’arrivo ai vertici parlamentari. Senza voler essere irriguardosi verso l’uno e l’altra, cerchiamo di essere realisti e onesti nell’informazione.

Realismo e onestà vorrebbero anche che la questione dei vitalizi fosse affrontata, e risolta davvero, sopprimendo i cumuli, cioè impedendo che gli stessi vitalizi si aggiungano a pensioni maturate in altro modo. Non parliamo poi dei cumuli di più vitalizi, a livello parlamentare e regionale. Su questo terreno sì che i presidenti delle Camere dovrebbero trovare la forza e il coraggio di chiedere e infine strappare ai gruppi i necessari interventi legislativi, o soltanto regolamentari.


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