Da quando è iniziato il noir della Consulta e della previdenza mi sono chiesto chi è Il Terzo Uomo di questa puntata della saga pensionistica. Vi ricordate il film di Carol Reed da cui Graham Green, autore della sceneggiatura, trasse un romanzo (uscito un anno dopo il thriller cinematografico)? Joseph Cotten ed Alida Valli sanno che c’era certamente un “terzo uomo” accanto al carro funebre in cui sarebbe stata la salma di Orson Wells. L’intero avvincente film riguarda la ricerca del Terzo Uomo, il personaggio interpretato da Orson Wells non solo non è stato ucciso come si pensava dopo le prime inquadrature ma sarà lui ad assassinare il portiere dello stabile in cui abita poiché costui era l’uomo che sapeva troppo.
Giuliano Cazzola ha messo a nudo il fatto che i tempi e i modi della comunicazione della sentenza non collimano con la prassi istituzionale secondo cui subito dopo il termine della Camera di Consiglio se la decisione presa dalla Corte ha un impatto sui conti pubblici, vengono informati quasi simultaneamente sia il Quirinale sia Palazzo Chigi. Sono stato direttore generale di due ministeri; posso aggiungere che in un’occasione mi sono trovato nella stanza del ministro di settore che veniva informato dalla Presidenza del Consiglio della informativa informale avuta dalla Consulta.
Quindi, verosimilmente, anche in questa occasione la telefonata c’è stata o meglio le due telefonate ci sono state. Perché non se ne è tenuto conto nel predisporre il Documento di Economia e Finanza? Chi aveva interesse a farlo? Perché, poi, uscita la sentenza i suoi effetti sono stati mostrati come se avessero l’impatto di uno tsumani sui conti pubblici? C’è – come nel film di Carol Reed – un Terzo Uomo interessato a tale bailamme, un bailamme che in dialetto napoletano verrebbe chiamato fare ammuina.
Come in ogni buon thriller, se non si hanno prove gli indizi veri arrivano alla fine. Sono giunti l’11 maggio in un seminario a Napoli organizzato da Alberto Brambilla, uno dei massimi esperti previdenziali della Repubblica, e confermate il 12 maggio in un servizio di cronaca de Il Sole 24 Ore. In breve anche ove la sentenza venisse applicata automaticamente a tutta la platea dei pensionati (anche a quelli – pochi – chiamati d’oro) al netto delle imposte il costo sarebbe di 3.5-4.5 miliardi (non i 10-17 miliardi di cui si è parlato nei giorni scorsi). Una somma che è pari a circa un decimo od un ottavo di ciò che costerebbe ai conti italiani il default della Repubblica Ellenica il cui leader viene coperto, ad ogni occasione, da baci ed abbracci dal nostro.
Se l’impatto non è così catastrofico, perché, prima, lo si è tenuto segreto e, poi, ci si è rotolati per terra contro una Corte “cinica e bara”?
Chi conosce i misteri del Palazzo sussurra che a metà marzo, l’idea, un po’ birba, sarebbe venuta al “giglio d’oro”, il terzetto con i ricci biondi: fare ammuina sulla sentenza sarebbe stato un modo furbetto per effettuare una “manovra in maschera” dando la colpa ai giudici ed ai pensionati. Come ne Il Terzo Uomo. Nel quale, però, finisce in una tomba nel cimitero monumentale di Vienna. Mentre Alida Valli scompare – pare verso la Cecoslovacchia comunista di Klement Gottwald – e Joseph Cotten torna a New York.
Lo sappiano sia i pensionati sia il “giglio d’oro”. Sia i cittadini in generale.