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Libia e migranti, perché il piano Ue non somiglia alla Somalia. Parla il generale Arpino

Si sono riuniti oggi a Bruxelles i ministri degli Esteri e della Difesa dei ventotto Paesi membri. Al centro di due sessioni del consiglio Ue, la prima separata e la seconda congiunta, c’è stata l’emergenza dei migranti nel Mediterraneo, con il possibile via libera alla missione navale europea contro i trafficanti di esseri umani, sul modello antipirateria usato in Somalia con l’operazione Atalanta.

Quali le similitudini e le differenze tra le due missioni? E quale la probabilità di riuscita dell’intervento voluto dall’Italia e da Lady Pesc Federica Mogherini?

Sono alcuni degli aspetti analizzati in una conversazione di Formiche.net con il generale Mario Arpino (nella foto), già capo di Stato maggiore della Difesa, oggi membro del consiglio direttivo dello Iai (Istituto Affari Internazionali).

Generale, in che cosa consiste operativamente il piano dell’Ue per contrastare le partenze di carrette del mare dalle coste libiche?

Purtroppo, ad oggi, non è assolutamente chiaro. Anche il summit di oggi è ascrivibile a una sorta di attivismo che è forse l’unico lato positivo della vicenda. Finalmente l’Ue, grazie anche all’Italia, discute del problema. Ma per far cosa?

Alcuni analisti intravvedono similitudini tra l’operazione in Somalia, Atalanta, ed Eunavfor Med, il nome della nuova missione.

Sbagliano. In Somalia le navi della missione potevano entrare in acque territoriali somale e intervenire, inviando sulle spiagge elicotteri, forze speciali e piccoli droni da ricognizione. In questo caso niente di ciò sarà possibile se non ci sarà la necessaria approvazione dell’Onu, che deciderà a giugno. E non darei per scontato che dirà di sì.

Nel peggiore dei casi, sostengono alcuni esponenti politici, il semplice dispiegamento di navi potrebbe essere un deterrente per le operazioni degli scafisti.

Non lo sarebbe. Sarebbe un palliativo buono solo per tenere contenti i demagogici di turno, che non sanno nulla di operazioni militari. Oggi le regole d’ingaggio non sono chiare e ciò potrebbe costituire un incentivo a far partire nuove carrette, sapendo che ci sono navi pronte a mettere in salvo chi arriva senza poter di fatto intervenire. O peggio, com’è già accaduto in passato, le stesse navi occidentali potrebbero involontariamente affondare le malandate imbarcazioni con cui arrivano i migranti, uccidendo chi invece si vorrebbe salvare.

Cosa sarebbe auspicabile, allora?

In linea teorica la prima parte del piano è lodevole e sarebbe anche efficace se le Nazioni Unite l’approvassero. Rischierebbe però di essere comunque un fallimento se non fosse sostenuta da una robusta intelligence di terra, basata in parte sui nostri Servizi, i migliori nell’area, e soprattutto su locali.

In caso tutto ciò non avvenisse?

Allora ci troveremmo di fronte a un ennesimo spreco di tempo e risorse, assolutamente da scongiurare visti i tempi di crisi che viviamo e la necessità di mettere quanto prima in sicurezza il Mediterraneo.


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