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Pensioni, perché faremo ricorso contro i rimborsi di Renzi

Riceviamo e pubblichiamo

Il d. l. in esame, come approvato dal Consiglio dei Ministri, calpesta lettera e spirito delle sentenze della Corte, in particolare la 70/2015 e la 316/2010, tra loro interconnesse in materia di indicizzazione delle pensioni in godimento. Ecco perché:

1) Discrimina grossolanamente tra le pensioni di importo fino a 6 volte il minimo INPS e le pensioni di importo superiore, creando di fatto pensioni di serie A e di serie B a proposito del loro adeguamento al costo della vita.

2) Anche sulle pensioni tra le 3 e le 6 volte il minimo INPS non restituisce il maltolto (mancata indicizzazione delle pensioni), nel biennio 2012-2013, dalla legge Monti-Fornero (L. 214/2011), ma si limita ad elargire una “mancia” (compresa tra il 5 ed il 25% circa rispetto al dovuto). Alle pensioni superiori alle 6 volte il minimo nulla risulta dovuto in restituzione (come diceva Bertinotti, anche i “meno poveri devono piangere”).

3) Disattende i principi di proporzionalità, adeguatezza, eguaglianza, solidarietà, a cui da sempre la Corte costituzionale fa riferimento nei giudizi in materia di adeguamento delle pensioni.

4) A dispetto dei meccanismi consolidati di indicizzazione, discrimina ancora tra trattamenti previdenziali complessivamente intesi, anziché solo tra le fasce di diverso importo.

5) Non tiene conto che sono state soprattutto le pensioni sopra le 6 e le 8 volte il minimo INPS quelle che sono state più frequentemente (vedi sentenza 316/2010) penalizzate da misure intese a paralizzare il meccanismo perequativo, e cioè: nel 1992-1993 (D.Lgs. 502/1992; d. l. 384/1992, convertito in legge 438/1992); nel 1998 (art. 59, c. 13, L. 449/1997); nel 1999 e nel 2000 (art. 59, c. 13, L. 449/1997); nel 2008 (art. 1, c. 19, L. 247/2007); nel 2012 e 2013 (art. 24, c. 25, d. l. 201/2011, convertito in legge 214/2011); nel triennio 2014-2016 (in particolare nel 2014) a seguito della legge 147/2013 del Governo Letta.

6) Sulle pensioni oltre 14-15 volte il minimo INPS hanno inoltre pesato i “contributi di solidarietà”, veri e propri “espropri”, che hanno inciso: a) nel triennio 2000, 2001 e 2002, sottraendo il 2% sull’importo delle pensioni oltre i 75.000 € circa; b) nel periodo 1/08/2011- 31/12/2014 (legge 111/2011), con prelievo del 5 e 10% rispettivamente sulle pensioni di importo oltre i 90.000 ed i 150.000 € annuali lordi (disposizione, questa, già dichiarata incostituzionale dalla Corte con sentenza 116/2013); c) nel periodo 2014-2016 (legge 147/2013), con prelievo del 6%, 12%, 18% sugli importi lordi annui delle pensioni rispettivamente superiori a 14, 20 e 30 volte il minimo INPS.

7) Non c’è, nel decreto, alcun “bilanciamento” tra le attese dei pensionati e le variabili esigenze di contenimento della spesa da parte dello Stato, infatti (come sostiene la Corte) la discrezionalità del legislatore non può prescindere dall’osservare i principi costituzionali di proporzionalità, adeguatezza, solidarietà ed eguaglianza (artt. 3, 36, 38 Cost.) nella tutela delle pensioni rispetto all’erosione nel tempo del loro potere d’acquisto.

8) Per le ragioni anzidette, i principi di eguaglianza e solidarietà vengono a confliggere tra loro, infatti quante volte i titolari di pensioni medio-alte (e non rubate) devono essere solidali per avere riconosciuta un po’ di eguaglianza in materia di adeguamento al costo della vita, visto che:

a) già nel calcolo del futuro trattamento pensionistico il rendimento decresce sensibilmente al crescere delle retribuzioni?;

b) che “tetti” contributivi-retributivi, nonché “medie” retributive, costituiscono ulteriori fattori di contenimento del trattamento pensionistico di spettanza?;

c) che le percentuali di rivalutazione delle pensioni in godimento decrescono rapidamente in base alla  crescita del loro importo?;

d) che i titolari di pensioni medio-alte non hanno alcun beneficio fiscale in rapporto ai redditi da pensione, come degli altri redditi, anzi proprio in ragione dei principi di solidarietà e progressività le aliquote del prelievo crescono in rapporto al crescere dei redditi anzidetti?;

e) che i titolari di pensioni significativamente alte sono già stati sottoposti anche a prelievi forzosi, contrabbandati come “contributi di solidarietà”, in realtà qualificabili come espropri abusivi sul proprio patrimonio legittimo e consolidato?.

9) Assistiamo così al paradosso secondo cui i pensionati che hanno lavorato e contribuito di più per il loro futuro previdenziale, e che negli ultimi 20-25 anni hanno subìto i più pesanti e ripetuti attacchi alla rivalutazione della pensione in godimento, non hanno alcuna restituzione rispetto a quanto loro sottratto a seguito dell’art. 24, c. 25, della legge Fornero 214/2011, dichiarato viziato da “illegittimità costituzionale” fin dalla sua entrata in vigore. Bella coerenza con l’esaltazione (in realtà enfatica ed abusata) dei pregi della logica contributiva delle pensioni!

Con le premesse evidenziate, sarà inevitabile:

-contrastare il d.l. in esame con ogni forma di lotta, anche legale, in Italia ed in ambito europeo;

-segnalare la disinvoltura, arroganza, falsità del governo Renzi nel disattendere completamente la sentenza 70/2015 della Corte, pur dichiarando di averla rispettata;

-sensibilizzare l’opinione pubblica circa il rischio di dare consenso e fiducia ad un premier, oltre che leader del suo partito, che promette ed afferma l’esatto opposto di quanto in concreto ed in realtà faccia (legge elettorale, riforma scuola, riduzione tassazione, riduzione costi della politica, stimolo all’occupazione, lotta agli sprechi, ai privilegi, alla corruzione, all’evasione, ecc.).

Non crediamo infatti sia nell’interesse vero del nostro Paese assistere passivamente alla mortificazione del ceto medio, del pubblico impiego e delle categorie dirigenti.

Michele Poerio, presidente nazionale FEDER.S.P. e V.

Carlo Sizia, membro del comitato direttivo FEDER.S.P. e V.



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