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Matteo Salvini, novello generale Cadorna?

Il (da me) compianto Lucio Colletti era famoso nella comunità accademica per le sue battute fulminanti. Ricordo che una volta, commentando il libro di un cattedratico della Sapienza (di cui non sarebbe elegante citare il nome) che prediligeva sia la filosofia morale sia il buon vino toscano, disse che gli sembrava scritto – più che da un neokantiano – da un “neochiantiano”. Ecco, l’episodio mi ha fatto pensare a tutti gli attuali seguaci “de noantri” (più o meno consapevoli) del filosofo di Könisberg: professori di diritto costituzionale e ex giudici della Consulta, custodi severi dell’etica pubblica; magistrati di punta e scrittori alla moda, fustigatori inflessibili della casta; giornalisti che dialogano col Papa e qualche volta perfino con Dio, per poi scomunicare Renzi e il suo “dispotismo democratico”; politici orfani di Berlinguer e giustizialisti di ogni risma, i quali non vedono l’ora che non solo i rei, ma anche i peccatori conoscano le patrie galere. Da molto tempo, da troppo tempo, dalle loro prediche quotidiane traspare la convinzione di costituire la classe dirigente “sana” in un paese di malfattori. A questo punto, mi sono domandato (grazie a Colletti): sono affetti da una sindrome di elitismo o di etilismo?

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Matteo Salvini, novello generale Cadorna, domani disloscherà le truppe padane sul Piave al grido di “Non passa lo straniero!”. La Lega, quindi, stabilisce un parallelismo tra l’ingresso del nostro Paese nella Grande Guerra e l’invasione della penisola da parte degli immigrati. Ora, anche gli alunni delle scuole elementari sanno che il 24 maggio 1915 i fanti italiani, circa mezzo milione, si preparavano non a difendere i nostri confini orientali, ma a sferrare un attacco contro l’esercito asburgico lungo un perimetro che andava dal Trentino all’Isonzo. Inoltre, anche gli alunni delle scuole medie (forse) sanno che “La canzone del Piave” fu composta nel giugno 1918 da E. A. Mario (pseudonimo di Ermete Giovanni Gaeta). L’inno doveva contribuire a risollevare il morale dei nostri soldati dopo la disfatta di Caporetto. Questo spiega la forzatura contenuta nella prima strofa, dove la marcia dell’esercito regio viene presentata come una marcia a difesa delle frontiere nazionali. Al diavolo la verità storica, potrebbe obiettare Salvini. Cosa conta, se si prende un voto in più?

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Mario Draghi ha ribadito che il contratto aziendale è la via maestra per difendere occupazione e retribuzioni. Affermazione che oggi appare quasi banale. Da più di un decennio la rottura dei quadri di regolazione nazionale ha investito tutti i sistemi di relazioni industriali, europei e anglosassoni. La recessione scoppiata nel 2008 ha intensificato l’utilizzo di clausole derogatorie dal contratto nazionale. Anche in Italia. Solo che da noi, come ha osservato Tiziano Treu, “si fa ma non si dice”. Non è forse vero, Susanna Camusso e Maurizio Landini?


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