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Finmeccanica e Lockheed, ecco quanti F-35 comprerà l’Italia

Medio Oriente

​La canea attorno agli F-35 infastidisce la Difesa. Per questo il ministero di via XX Settembre ha voluto replicare con una nota alle critiche sollevate da alcune associazioni pacifiste e da Sinistra ecologia e libertà. In particolare, il partito guidato da Nichi Vendola avrebbe accusato il ministero retto da Roberta Pinotti di aver preso sul dossier “decisioni insensate”, che non terrebbero conto dei rilievi emersi in Parlamento, arrivando ad annunciare l’inizio di una raccolta firme per for­ma­liz­zare e depo­si­tare alla Camera una richiesta di dimissioni della titolare della Difesa (apostrofata invece come “demagogica” e “poco lucida” da un deputato del Pd come Andrea Manciulli, presidente delegazione italiana all’Assemblea parlamentare Nato).

LA REPLICA DI VIA XX SETTEMBRE

A questo proposito, spiega il dicastero di via XX Settembre, “proprio riguardo alla volontà di dare precisa risposta alle mozioni della Camera dei Deputati”, nel Documento programmatico pluriennale (Dpp) per la Difesa “è stata redatta, esclusivamente per il programma F-35, una scheda dettagliata che illustra le decisioni assunte per il breve e per il medio-lungo termine“.

LE DUE SCELTE STRATEGICHE

Nello specifico, il testo illustra due scelte strategiche prese dal governo in relazione al velivolo di Lockheed Martin alla realizzazione del quale partecipano anche aziende italiane, come Finmeccanica. La prima, di breve-medio periodo, limiterà fino al 2020, le acquisizioni di velivoli Joint Strike Fighter, “oggi ipotizzato fino a un massimo di 38 velivoli“, in “riduzione sia rispetto ai 101 originariamente previsti per questo lasso di tempo, sia alle diverse ipotesi che erano state fatte nel corso degli ultimi anni“. La seconda, di medio-lungo termine, “prevede una rimodulazione della pianificazione dell’intero programma per generare, fino al 2026, un’ulteriore efficientamento della spesa“.

IN LINEA CON LE MOZIONI

D’altronde, prosegue Via XX Settembre, le mozioni parlamentari “chiedono il rispetto degli impegni precedentemente assunti a livello internazionale, di massimizzare i ritorni economici, occupazionali e tecnologici, di valorizzare gli investimenti effettuati, di sviluppare e mantenere una solida base tecnologica ed industriale e, infine, di contenere i costi complessivi alla metà degli oneri originariamente stimati, tenuto conto dei ritorni economici e di carattere industriale“. Oltre che di tener conto degli indirizzi manifestati nel più ampio Libro Bianco.

I RITORNI ECONOMICI

Tutti aspetti che, a parere del governo, verrebbero soddisfatti. “Già oggi – si legge nel Dpp –, a fronte di un investimento totale pari a circa 3,5 miliardi di dollari, i ritorni industriali in termini di contratti acquisiti sono pari a circa 1,6 miliardi di dollari“.


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