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Così la Confindustria di Squinzi strapazza il Piano Juncker

“Sarebbe un segnale importante di fiducia se la Commissione fornisse maggiori elementi di chiarezza sui 300 miliardi d’investimenti del Piano Juncker”.

Queste due righe su 24 pagine di relazione letta dal presidente di Confindustria, Giorgio Squinzi, nel corso dell’assemblea annuale della confederazione che quest’anno si è tenuta a Milano (ma il premier Matteo Renzi ha preferito Melfi e Sergio Marchionne), sono indicative di quanta perplessità pervada anche gli industriali italiani sul piano europeo di rilancio di investimenti. (qui un articolo di Formiche.net che racchiude una serie di approfondimenti sul fondo Juncker con interventi di esperti, economisti e ricercatori).

Quelle due righe non sono comparse a caso nella relazione del presidente di Confindustria. Pochi giorni fa le strutture dell’associazione di viale dell’Astronomia hanno completato un paper proprio su obiettivi e prospettive del piano Juncker con una serie di rilievi, interrogativi e osservazioni che lasciano trasparire una certa diffidenza sul reale impatto del progetto che porta il nome del presidente della Commissione europea.

(CHI C’ERA ALL’ASSEMBLEA DI CONFINDUSTRIA. TUTTE LE FOTO)

Il Fondo Juncker, tra l’altro, prevede la possibilità di “attivare investimenti attraverso piattaforme nazionali/settoriali”. Innanzitutto, scrive Confindustria nelle osservazioni inviate alle istituzioni europee, “si ritiene necessario chiarire che cosa si intenda per piattaforme di investimento”. “E’ necessario – aggiungono i tecnici della confederazione degli industriali – che siano esplicitati i criteri di eleggibilità, ai fini del Feis, delle piattaforme e quelli che saranno utilizzati per la valutazione di singoli progetti di investimento”. “Al riguardo – si legge anche nel paper confindustriale – il riferimento al criterio del valore aggiunto europeo, indicato fra quelli qualificanti per la selezione degli investimenti, appare vago”.

Infine Confindustria teme – come traspare dal testo – che l’Italia possa restare al palo, o avere solo una parte minima delle garanzie e del fondo. Per questo gli industriali a Bruxelles e a Strasburgo chiedono che il Feis possa “supportare effettivamente i Paesi con maggior fabbisogno di investimenti (come l’Italia)”.

(CHI C’ERA ALL’ASSEMBLEA DI CONFINDUSTRIA. TUTTE LE FOTO)

Qui le ultime indiscrezioni sulle fibrillazioni fra Bruxelles e Strasburgo

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