Quanti F-35 acquisterà e saranno consegnati all’Italia entro il 2020? Il caso appassiona chi prova a destreggiarsi tra la babele di cifre e date – spesso discordanti – che affolla i media.
LE PREVISIONI DEL DPP
Il Corriere della Sera, in un articolo di Lorenzo Salvia, parla oggi di “una sorpresa nel «Documento programmatico» che il ministro della Difesa, Roberta Pinotti, ha depositato nei giorni scorsi in Parlamento“, ovvero della presenza “quattro aerei in più” rispetto a quelli annunciati. Nello specifico, scrive il cronista del quotidiano diretto da Luciano Fontana, per quest’anno non solo “ci sono 582 milioni di euro, contro i 350 che ci sarebbero dovuti essere in caso di dimezzamento dei fondi” (come previsto dalle mozioni approvate a settembre dalla Camera), ma “il programma di spesa, da qui al 2020, sembra accelerare“.
NUMERI A CONFRONTO
Oggi, mette in evidenza il giornale di Via Solferino, nel Documento programmatico si legge infatti che “il governo intende procedere entro tale data (il 2020, ndr) all’acquisizione di un numero di velivoli sino a 38 unità“. Secondo la ricostruzione di Salvia, invece, “l’ultima tempistica era stata comunicata alla fine del 2012… quando il governo Monti aveva appena ridotto da 131 a 90 il numero complessivo degli aerei da comprare“. Allora, “il 5 dicembre di quell’anno, davanti alla commissione Difesa della Camera, era intervenuto il generale Claudio Debertolis (qui l’audizione), segretario generale della Difesa e direttore degli armamenti, sostenendo che «Al 2020… saremo a 34 velivoli». Da 34, adesso siamo passati a 38” acquisizioni.
COSA SI DICE ALLA DIFESA
Fonti del dicastero di Via XX Settembre spiegano però a Formiche.net che mentre De Bertolis parlava di 34 “consegne di velivoli” su 46 “acquisizioni” previste, nel Dpp si parla di un massimo di 38 acquisizioni, mentre le consegne sarebbero nei fatti “fino a 24” e probabilmente “anche meno“. Ciò rappresenterebbe una conferma – dicono dal dicastero della Difesa – che ci si troverebbe di fronte a una decelerazione del programma, che, come spiega lo stesso Corriere, ha nella data del 2020 una “tappa intermedia“, al quale dovrebbe seguire “una seconda fase «di medio-lungo termine» che «prevede una rimodulazione della pianificazione dell’intero programma per generare, fino al 2026, un ulteriore efficientamento della spesa»“.
IL NODO DELLE MOZIONI
Il documento programmatorio del ministero della Difesa dice che, per quanto riguarda il programma F-35, il governo procederà “nel rispetto anche degli impegni previsti dalle mozioni parlamentari” che prevedono il dimezzamento della spesa. Ma aggiunge pure che “tali mozioni chiedono il rispetto degli impegni precedentemente assunti a livello internazionale, di massimizzare i ritorni economici, occupazionali e tecnologici, di valorizzare gli investimenti effettuati, di sviluppare e mantenere una solida base tecnologica e, infine, di contenere i costi complessivi alla metà degli oneri originariamente stimati”. Ci sono però tre incognite. La prima è che, a conti fatti, Via XX Settembre non ha ancora sforato la metà del budget complessivo e, se ciò accadrà, in assenza di ulteriori modifiche, lo si scoprirà solo dopo il 2020, quando si aprirà la seconda fase del programma. La seconda è che, ad ogni modo, le indicazioni del Parlamento non riguardano solo il versante economico, ma anche quello industriale. I due aspetti dovrebbero tenersi assieme, ma quali sarebbero le conseguenze per gli impianti italiani, come la Faco di Cameri, a fronte di un ulteriore taglio delle commesse italiane (già ridotte da 131 a 90 velivoli)? La terza riguarda, infine, il fatto che ad essere votata a settembre scorso non fu una, bensì diverse mozioni – Pd, Ncd, Forza Italia, Scelta Civica – tutte di orientamento differente: ad esempio il Pd era per il dimezzamento del budget del programma, Forza Italia, Ncd e Scelta Civica per mantenere lo status quo. Su quale linea si attesterà il governo?