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Bindi, De Luca e il pateracchio dell’Antimafia

Il pateracchio istituzionale è servito. Il Parlamento bolla come impresentabili 17 candidati alle regionali, compreso Vincenzo De Luca del Pd che punta a diventare governatore della Campania. Ma dato che la “sentenza” di impresentabilità arriva addirittura dalla commissione parlamentare Antimafia gli impresentabili sono di fatto – nella sostanza – mafiosi. Non è così, ma è il messaggio che arriva indirettamente ai cittadini visto che la “sentenza” è della commissione Antimafia presieduta da Rosy Bindi.

Qui non interessa avvilupparsi nelle beghe tutte interne al Pd – visto che dai renziani e dal presidente del Pd, Matteo Orfini, sono arrivate una staffilata di critiche serrate a Rosy Bindi – ma porre qualche sommessa domanda. Che ci azzecca l’Antimafia con chi è stato condannato per abuso d’ufficio? E’ il caso, appunto, dell’ex sindaco di Salerno, De Luca. Condannato a un anno di reclusione e interdizione dai pubblici uffici per abuso d’ufficio, dunque candidabile ma ineleggibile in base alla legge Severino. E l’Antimafia – se si comprende bene – ha puntato il dito su un altro processo in corso, per concussione, diverso dall’abuso di ufficio, per il quale De Luca è stato condannato in primo grado.

Beninteso, l’ex direttore dell’Unità e del Riformista, e già dirigente di spicco del Pci, Emanuele Macaluso, ha usato parole definitive per stimmatizzare il “pasticciaccio campano” orchestrato da De Luca e Matteo Renzi, vista l’ineleggibilità a governatore dell’ex sindaco di Salerno. Ma che ci azzecca l’Antimafia?

Ecco cosa c’è scritto nella legge istitutiva della “Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno delle mafie e sulle altre associazioni criminali, anche straniere”. Tra le funzioni previste c’è quella di “indagare sul rapporto tra mafia e politica, sia riguardo alla sua articolazione nel territorio e negli organi amministrativi, con particolare riferimento alla selezione dei gruppi dirigenti e delle candidature per le assemblee elettive, sia riguardo alle manifestazioni che, nei successivi momenti storici, hanno determinato delitti e stragi di carattere politico-mafioso“.

Una legge che prevede la possibilità da parte di una commissione parlamentare di indagare sulla “selezione dei gruppi dirigenti” fa già venire i brividi, se poi alla vigilia del voto la stessa commissione compila liste di proscrizione da esibire nelle pubbliche piazze allora i brividi devono davvero preoccupare.

Delle due, l’una. O Rosy Bindi ha abusato dei suoi poteri e i componenti della commissione parlamentare hanno lasciato compiere senza colpo ferire questo abuso. Oppure la presidente della commissione Antimafia ha applicato la legge istitutiva della stessa commissione, ha seguito il regolamento e fatto rispettare il codice di cui Bindi ha fatto riferimento in conferenza stampa. E tutto con l’avallo di un professionista della lotta giudiziaria alla mafia come il presidente del Senato, Piero Grasso. Il quale ha respinto ogni invito a intervenire.

Comunque sia, il pateracchio istituzionale è servito. Complimenti a tutti.

L’ANTIMAFIA DI BINDI? DEGNA DELL’IRAN. PARLA TARADASH (GIA’ ALL’ANTIMAFIA)


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