Sette consiglieri eletti in 7 regioni, con il leader Angelino Alfano soddisfatto per quel 4,7% di media nazionale attribuito al suo partito dal Sole 24 Ore. Non tutti però nel Nuovo Centrodestra sono convinti che le elezioni di domenica scorsa siano state positive, motivo per cui s’è scatenato un dibattito interno e il solco tra filogovernativi e autonomisti si fa sempre più profondo.
UN MEZZO DISASTRO AL NORD
La delusione più cocente per Area Popolare è arrivata al Nord. Quel 2% in Veneto (quasi 38mila voti, meno della metà delle europee 2014) in pochi se l’aspettavano, soprattutto dopo aver governato 5 anni. Almeno è arrivato un consigliere eletto (con sorpresa): all’ex vicepresidente della giunta Zaia, Marino Zorzato, non sono bastate le 3.200 preferenze raccolte in provincia di Padova. Per un complicato gioco dei resti, il seggio è scattato a Venezia, così a Palazzo Ferro Fini c’è finito con i suoi 1.548 voti Massimo Mancini, medico di Chioggia dove è stato consigliere comunale di Fi e Pdl. Ancora peggio è andata in Liguria: un misero 1,71% contro il 3,14% di un anno fa e nessun consigliere eletto.
NEMMENO AL CENTRO SI SORRIDE
Il risultato più imbarazzante di AP è arrivato però in Toscana, con appena l’1,27% raccolto dalla lista Passione Toscana a sostegno di Giovanni Lamioni. Circa 15mila voti, un terzo delle europee. In Umbria c’è stata pure la beffa: lì infatti i dirigenti dell’Ncd hanno rivendicato più volte di essere stati tra gli ispiratori della candidatura di Claudio Ricci. Il sindaco di Assisi è andato vicino all’impresa in una regione rossa ottenendo un buon risultato, peccato però che la lista Per l’Umbria Popolare, quella con i candidati di AP, si sia fermata al 2,64%, ultima in coalizione, senza eleggere nemmeno un consigliere. Magra consolazione il seggio ottenuto da Sergio De Vincenzi, candidato con Ricci Presidente, lui che un anno fa ha messo piede in consiglio comunale a Perugia con l’Ncd salvo poi lasciare il gruppo consiliare dopo un mese e passare al Misto.
E’ andata un po’ meglio nelle Marche, dove l’Ncd si è presentata insieme al movimento Marche 2020 dell’ex governatore Gian Mario Spacca conquistando il 3,97% e un eletto; si tratta di Mirco Carloni, ex vicesindaco di Fano e consigliere regionale uscente del Pdl. Dal canto suo, per l’Udc – alleato con il Pd – ha fatto il bis il consigliere uscente Luigi Maroni.
AL SUD LA CONSOLAZIONE
Le regioni del Mezzogiorno hanno regalato qualche soddisfazione in più, anche se non mancano i problemi pure lì. Come in Campania, dove la lista di AP ha fatto registrare un buon 5,88%. Ebbene, stante la sconfitta di Stefano Caldoro, per i centristi è scattato un solo seggio, quello di Pasquale Sommese a Napoli con oltre 20mila preferenze raccolte. Sommese, ex assessore al Turismo, sia stato fino a qualche mese fa coordinatore regionale dell’Udc (dopo essere stato eletto per la prima volta in Regione nel 2005 con la Margherita) e ora vagheggia nuovi scenari col Pd. All’Udc, invece, grazie al rocambolesco accordo con Vincenzo De Luca, è bastato il 2,34% per piazzare due consiglieri: la sindaca di Novi Velia (Salerno) Maria Ricchiuti, e il segretario di Avellino, il fedelissimo demitiano Maurizio Petracca.
Chiude il cerchio la Puglia, che con i suoi 4 eletti è la regione dove AP ha ottenuto il risultato migliore, nonostante la scissione con l’Udc che, in alleanza col Pd, ha eletto 3 consiglieri (Peppino Longo, Salvatore Negro e Napoleone Cera). Gli alfaniani si sono presentati con il Movimento Schittulli superando il 6%. Due gli eletti riconducibili all’Ncd: l’ex sindaco di Adelfia, Gianni Stea, e il consigliere regionale uscente Giannicola De Leonardis. Segue Luigi Morgante, consigliere comunale a Manduria prima con Fi poi col Movimento Schittulli, e Luigi Manca, direttore della Casa di cura città di Lecce.
FILOGOVERNATIVI VS AUTONOMISTI
Che fare dunque adesso? E’ quanto si chiedono i dirigenti Ncd, a partire dall’ex capogruppo Nunzia De Girolamo ormai più fuori che dentro il partito alfaniano, tanto da annunciare due giorni fa su la Stampa che “se l’Ncd dovesse continuare a sostenere il Pd di Renzi, io non ci sarò più”. Ha battuto un colpo particolarmente forte anche il coordinatore nazionale Gaetano Quagliariello, che dalle colonne del Mattino all’indomani delle elezioni ha dato un ultimatum al governo: o si cambia l’Italicum inserendo il premio alla coalizione e non alla lista, o si esce dal governo. Apriti cielo. Le senatrici Laura Bianconi e Francesca Chiavaroli (vicine al ministro filorenziano Beatrice Lorenzin) lo hanno subito accusato di non rappresentare il partito. Sulla stessa linea due ex socialisti come il vicecapogruppo alla Camera Sergio Pizzolante e Fabrizio Cicchitto, che in un’intervista al Qn ha tagliato la testa al toro: “Non vedo un solo motivo valido per cui dobbiamo rompere con il governo. Sarebbe un tragico errore”.