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Papa Francesco e Putin, sintonie e divergenze

E’ la seconda volta in poco meno di due anni che Vladimir Putin entrerà in Vaticano per parlare a quattr’occhi con il Pontefice. Accadrà mercoledì 10 giugno alle 17, ritardi (abitudine per il presidente russo) permettendo. L’altra volta, ed era il novembre del 2013, l’appuntamento cadeva solo due mesi dopo la profonda sintonia che s’era venuta a determinare tra Santa Marta e Cremlino sulla crisi siriana.

GLI SVILUPPI DELLA CRISI SIRIANA

Mentre, sul finire dell’estate, Washington e Parigi premevano per i bombardamenti su Damasco, la Santa Sede con una straordinaria mobilitazione organizzò una veglia di preghiera in piazza San Pietro con annesso digiuno. L’input partì da Papa Francesco, che nell’Angelus domenicale richiamò la comunità internazionale al dovere di garantire la pace e non la guerra. Intervento assai apprezzato da Vladimir Putin, al quale sarebbe giunta – pochi giorni più tardi – una lunga lettera in cui il Pontefice raccomandava al Cremlino di impegnare il G20 a trovare una soluzione pacifica alla crisi. Il presidente russo ebbe gioco facile, allora, a rivendicare per sé il titolo di protettore dei cristiani d’oriente: mentre le potenze occidentali facevano rullare i cacciabombardieri per detronizzare Assad – percepito in Siria come il baluardo a difesa della comunità cristiana – lui si schierava al suo fianco.

IL BARCIENTRO DELLA POLITICA ESTERA VATICANA

Diversi osservatori notarono come il baricentro della politica estera vaticana si stesse spostando progressivamente verso Mosca, mentre nei decenni precedenti il focus era sempre stato rappresentato dagli Stati Uniti, soprattutto durante il lungo pontificato di Giovanni Paolo II, che con Ronald Reagan stabilì un’intesa che portò a un cambiamento della percezione della Chiesa cattolica in terra americana. E non è un mistero che Putin abbia accarezzato in più d’una occasione la speranza di far leva sulla grande capacità di mediazione di Papa Francesco per tentare di rompere l’isolamento cui era stato costretto dall’Occidente dopo l’occupazione e la conseguente annessione dell’Ucraina. Nel colloquio rientrerà con ogni probabilità anche il tema delle sanzioni, che sempre più problemi stanno creando alla Russia.

IL PROBLEMA UCRAINO

Su questo punto, la situazione è complessa anche in virtù della profonda ostilità tra la Chiesa ortodossa che fa capo al Patriarcato di Mosca e quella greco-cattolica. Un anno fa, il presidente del Dipartimento per le relazioni ecclesiastiche esterne di Mosca, Hilarion, aveva usato parole durissime: “L’arcivescovo maggiore di Kiev e il suo predecessore hanno preso una posizione molto chiara fin dall’inizio del conflitto civile, poi, purtroppo, trasformatosi in un sanguinoso conflitto armato”. L’accusa di Hilarion ai greco-cattolici consisteva anche nell’aver “chiesto ai Paesi occidentali un intervento più attivo nella situazione ucraina”. Non a caso, ricordava che la presenza della Chiesa greco-cattolica rappresenta un grande ostacolo nei rapporti tra il Patriarcato di Mosca e la Santa Sede”. Quando, lo scorso febbraio, il Papa – ricevendo i vescovi greco-cattolici ucraini – parlò di “guerra fratricida”, s’alzò un polverone, con il direttore della Sala Stampa, padre Lombardi, costretto a precisare che il Pontefice ha “sempre inteso rivolgersi a tutte le parti interessate”.

IL LOW-PROFILE DELLA SANTA SEDE

Sul punto, l’arcivescovo Sviatoslav Shevchuk, capo della chiesa greco-cattolica, da tempo perora un atteggiamento più duro nei confronti della Russia, trovando però un muro da parte delle autorità vaticane. “Il nunzio in Gran Bretagna, monsignor Antonio Mennini, in passato ambasciatore a Mosca per otto anni, ha ricordato che il Papa non ha mai definito Putin un aggressore”, scrive sul Corriere della Sera Massimo Franco, aggiungendo che “sono riflessi di una corrente fortemente maggioritaria all’interno del Vaticano. Spiegano perché la strategia internazionale di Francesco sia guardata oltre Atlantico con un misto di curiosità, ammirazione e perplessità”.

IL NODO DEI RAPPORTI CON IL PATRIARCATO DI MOSCA

Ma i fini della Santa Sede non sono politici, quanto rivolti a stabilire un rapporto “tranquillo” con Mosca, al momento ancora un’utopia. E’ di qualche giorno fa, infatti, la decisione  – scontata – del Patriarca Kirill di non recarsi a Cracovia per la Giornata mondiale della gioventù del 2016. Il cardinale della città polacca, Dziwisz si era detto “rammaricato” per la mancata partecipazione della massima autorità ortodossa russa, mentre da Mosca si faceva sapere che “la discussione sulla possibilità di un incontro tra il Patriarca e il Papa di Roma non è mai stata tolta dall’ordine del giorno, ma non è indicata una data esatta del suo svolgimento, per la necessità di una valutazione preliminare di alcune questioni complesse nelle relazioni tra le due Chiese”.


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