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Tutto sul Ttip. Lo speciale di Formiche.net

Le sorti del Ttip, l’accordo di libero scambio tra Ue e Usa voluto dall’amministrazione Obama, entrano nel vivo. A dargli un’accelerazione è stato nei giorni scorsi il G7. I grandi della Terra riuniti in Germania hanno trovato un accordo per concludere “entro la fine dell’anno” l’iter negoziale del trattato che abbatterà molte barriere commerciali tra le due sponde dell’Atlantico.

L’intento è contenuto in un passaggio della bozza del documento finale del vertice, che precede l’appuntamento del 10 giugno, quando il Parlamento di Strasburgo voterà – con una posizione tutt’altro che unitaria – la risoluzione con le indicazioni alla Commissione europea relative al trattato. E anche in Italia – dove tanto Confindustria quanto il governo (con il vice ministro allo Sviluppo economico, Carlo Calenda) sono convinti dei benefici che il Ttip avrà sull’export delle Pmi italiane – non mancano le polemiche, anche interne alla maggioranza (ieri l’ex sottosegretario all’Economia del governo Letta, Stefano Fassina, ha criticato la posizione del governo sul dossier, battibeccando a colpi di tweet col collega renziano Ernesto Carbone).

Il 28 maggio scorso la Commissione Commercio internazionale (Inta) del Parlamento europeo ha approvato, con 28 voti a favore e 13 contrari, il progetto di relazione sul Ttip, di cui è relatore Bernd Lange, eurodeputato tedesco del gruppo dei Socialisti&Democratici.

Con questa risoluzione il Parlamento, che sarà chiamato a votare in sessione plenaria, fornisce delle indicazioni riguardanti il proseguimento dei negoziati: cosa, per l’assemblea eletta dai cittadini europei, è auspicabile e cosa è considerato inaccettabile.

In particolare ad essere dibattuto è il cosiddetto Isds, una sorta di “tribunale privato” chiamato a risolvere le controversie tra Stato e investitori. L’opposizione più forte è nelle forze socialiste ed euroscettiche dell’Europarlamento, spaccate tra chi vuole una revisione del tribunale e delle sue competenze e chi invece preme per una sua completa abolizione, perché limiterebbe alcune prerogative nazionali (QUI TUTTI I DETTAGLI).

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