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Hanno ammazzato il Guercio (credici)

Perugia ─ Gli Stati Uniti hanno compiuto un raid aereo in Libia domenica nella città cirenaica di Ajdābiya. L’attacco ha avuto come obiettivo Mokhtar Belmokhtar, personaggio centrale del jihad nordafricano, con un ruolo a cavallo tra il terrorista e il contrabbandiere. Da Tobruk, quello dei due pseudo-governi libici che riscuote più successo tra i circoli diplomatici internazionali, si dà per certa la morte del “Guercio” ─ questo il soprannome di Belmokhtar cieco da un occhio, vanto di guerra dal jihad afghano. Il Pentagono invece è molto cauto e ancora non ha dato notizie sull’esito della missione, anche se il colonnello Steven H. Warren, un portavoce del Dipartimento della Difesa, ha confermato il target.

I funzionari americani che hanno parlato col New York Times hanno detto che visto l’entità del raid, portato a termine con due F-15 Strike Eagle che hanno sganciato diverse bombe, e visto che ci sono anche altri terroristi morti, l’identificazione ufficiale potrebbe richiedere diversi giorni ─ a meno che qualche sito jihadista non ne pubblichi prima l’onoranza funebre.

Belmokhtar è uno degli uomini più ricercati del mondo: già noto come uno dei massimi leader dell’Aqim, l’affiliazione qaedista nel Maghreb, il suo nome si lega tristemente all’attacco al campo gas di Amenas, in Algeria, dove furono uccise 38 persone nel 2013. Successivamente ha fondato la Katiba Al Mulaththamin (“Battaglione Mascherato”), gruppo nato dopo il distacco dall’Aqim e alleatosi poco dopo con il MUJAO (Movimento per l’Unità e la Jihad in Africa occidentale) per creare al Murabitun, entità non troppo solida con cui poi il Guercio è tornato alla Base, ufficializzando la sua alleanza con al Qaeda ─ anche se adesso alcune fazioni interne ad al Murabutin hanno giurato fedeltà al Califfo. Conosciuto anche come “Prince”, il suo ultimo soprannome indica come i suoi interessi pian piano hanno preso una rotta diversa da quella del jihad: ora lo chiamano “Mr Marlboro”. Contrabbando di sigarette e di armi, sequestri di persona a scopo di estorsione, racket, pizzo chiesto a chiunque entri nelle zone da lui controllate a cavallo del Sahel. Un padrino.

La bravura di Belmokhtar ─ quella che gli ha garantito un successo longevo oltre un ventennio ─ è nella capacità di integrazione: dal nord del Mali al sud algerino e libico, difficile che non conoscesse un dialetto locale e che non condividesse parte del suo potere con le tribù autoctone (notare che la condivisione del potere, ultimamente, è la linea che al Qaeda sta chiedendo ai suoi gruppi affiliati per garantirsi una maggiore radicazione territoriale).

La sua morte, come quella di altri importanti leader jihadisti in giro per il mondo, è stata già annunciata diverse volte: per questo è necessaria la massima cautela dietro alle notizie. Finito da anni nella lista dei Most Wanted americana, sulla sua testa c’era una taglia da 5 milioni di euro, più alta di quella che pende su diversi leader dell’IS, segno dell’estrema attenzione e pericolosità che Washington gli conferiva.

Seconde le informazioni diffuse ai media dai funzionari americani, gli spostamenti di Belmokhtar “dentro e fuori” dalla Libia sono seguiti dal 2012, ma la tracciazione “live” degli spostamenti è stata possibile soltanto nelle ultime 48-72 ore grazie alle osservazioni dei droni da ricognizione ─ è probabile che questi siano partiti dalla base siciliana di Sigonella. Movimenti dal cielo che si susseguono da giorni:  il 25 maggio quattro F-15 statunitensi sono partiti dalle base Raf di Lakenheath, Inghilterra del sud, con missili e bombe JDam sotto i piloni. Con loro quattro KC-135, aerei rifornitori che hanno orbitato su Malta per diverso tempo, mentre due dei caccia hanno sorvolato la Libia (Guido Olimpio sul CorSera ha segnalato la vicenda). Non si hanno dettagli della missione, segreta: forse c’erano già state informazioni sugli spostamenti del Guercio?

L’attacco è stato il primo intervento aereo statunitense in Libia dai tempi dell’azione Nato del 2011 per rovesciare il regime del rais Gheddafi. Ma non c’è a stupirsi, perché la Libia è territorio di azioni speciali americane, che si tratti di raid aerei o di blitz di commandos. Nell’ottobre del 2013 un blitz della Delta Force ha catturato Abu Anas al-Libi, l’uomo ritenuto la mente degli attentati di al-Qaida alle ambasciate statunitensi a Nairobi (Kenia) e Dar es-Salaam (Tanzania) del 1998. A giugno dello scorso anno, Delta e alcuni uomini dell’FBI sono intervenuti all’alba in una casa di Bengasi da cui hanno prelevato Ahmed Abu Khattala, ritenuto responsabile della morte dell’ambasciatore americano Chris Stevens, avvenuta nel 2012.

@danemblog

(Foto: Internet)

 



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