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Perché Washington borbotta sul Muos all’italiana

C’è un dossier che è fonte, ormai, di serio imbarazzo per il nostro Paese sul piano internazionale e che mette a repentaglio le relazioni tra le due sponde dell’Atlantico.

Non si tratta dell’Ucraina e “della differenza di vedute sulle sanzioni alla Russia” e nemmeno “dello schieramento militare nei Paesi Nato al confine con Mosca”, ma del Muos, il Mobile User Objective System, un programma di comunicazione satellitare a banda stretta di nuova generazione del Dipartimento della Difesa per sostenere le operazioni militari Usa e Nato in tutto il mondo.

TUTTI GLI STOP

Un’opera strategica per l’Alleanza Atlantica, che è solo una parte di una costellazione di quattro satelliti operativi, di cui due negli Stati Uniti e uno in Australia, che consentiranno di rivoluzionare le comunicazioni militari e coprire l’intero pianeta. L’unico bloccato è proprio quello in Italia, che dopo un lunghissimo percorso a ostacoli ha ricevuto ad aprile l’ennesima beffa: la procura di Caltagirone ne ha ordinato il sequestro. Il provvedimento è arrivato dopo la decisione del Tar di Palermo che, dopo averne bloccato la costruzione a febbraio scorso, aveva poi accolto nei mesi successivi i ricorsi dei comitati contro l’infrastruttura e del Comune, uniti contro la prosecuzione dei lavori di realizzazione dell’impianto.

LE IMPLICAZIONI NEGATIVE

Sono molte le implicazioni negative dello stop. Formiche.net ne parla da tempo e oggi è La Stampa a tornare sull’argomento. “Il blocco per la costruzione in Sicilia di questo centro – evidenzia Paolo Mastrolilli – è non solo un serio contrattempo strategico per Washington, ma anche una contraddizione della collaborazione necessaria a contrastare la minaccia comune del terrorismo, affacciato ormai sulle coste dell’Africa settentrionale”. La riflessione di Mastrolilli non è isolata e vede concordi tanto editorialisti come Angelo Panebianco (Corriere della Sera), tanto esponenti politici come l’ex ministro del governo Letta e oggi presidente dell’Udc, Gianpiero D’Alia.

UNA GRANDE CONTRADDIZIONE

Come può l’Italia – si chiedono molto osservatori – “chiedere aiuto agli Usa per difendersi dall’Isis che infiltra la Libia, e poi tappare un orecchio fondamentale per le comunicazioni militari“?

Il dubbio rimbalza insistentemente anche nelle stanze del Pentagono e nello Studio Ovale, dove – ricorda il quotidiano diretto da Mario Calabresi – si fa davvero fatica a comprendere come questioni che hanno a che fare con la sicurezza nazionale, come appunto il Muos, possano essere lasciate nelle mani di un tribunale amministrativo regionale, tanto più dopo “che uno studio dell’Istituto Superiore di Sanità ha concluso che l’installazione” dell’impianto satellitare “non impatterebbe negativamente sulla salute della popolazione”. Washington scalpita e a ragione. Per molti osservatori la pausa estiva rappresenta forse l’ultima chiamata per il Governo per sciogliere i nodi che ancora bloccano il dossier e recuperare così credibilità, prima dell’acuirsi delle tensioni diplomatiche. Chissà. “C’è forse una convenienza politica a non agire?”, si chiede provocatoriamente Mastrolilli. E con lui molti altri.


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