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Papa Francesco ci interroga su tecnologia e social media

L’immagine superficiale di un papa ambientalista e no global può essere effetto di una miopia giornalistica basata sulla non lettura di quanto scritto da Francesco e in effetti non stupisce affatto che molti commenti, anche autorevoli (sic!), abbiano come premessa la candida ammissione della non lettura del testo licenziato dalla Libreria Editrice Vaticana. Una lettera enciclica d’altronde richiede sempre molto tempo per essere letta e compresa in profondità. Laudato si’ non fa eccezione, anzi.

La quantità e la qualità dei temi posti da Francesco impongono una riflessione non banale e non improvvisata. Laudato si’ non è solo il pur rilevante appello alla tutela dell’ambiente. Il riferimento ecologico non sarebbe infatti comprensibile se non dentro una visione “integrale” che contempera cioè l’integralità della sfera umana nel Creato ed anche nella società. Francesco sa che deve fare i conti con questioni che non hanno più i confini degli Stati-nazione. La povertà anzitutto, ma anche la tutela dell’ambiente ed il rapporto con la tecnologia. La sfida più grande di questa enciclica è forse quella di lasciare alle classi dirigenti di oggi e di domani uno strumento formidabile per ispirare il proprio impegno civile e sociale. “Che tipo di mondo desideriamo trasmettere a coloro che verranno dopo di noi, ai bambini che stanno crescendo?” (160). Questa è la domanda che il Santo Padre rivolge alle coscienze di tutti noi.

Alla esigenza di curare e preservare il Creato, Francesco aggiunge considerazioni molto puntuali sul ruolo della tecnologia. Anzitutto, parla dei media, dei social media. Al paragrafo 47, descrive in modo semplice e realistico il paradosso di una comunicazione che “tramite internet” cresce a dismisura consentendo di condividere conoscenze ma che al contempo fa aumentare “una profonda e malinconica insoddisfazione nelle relazioni interpersonali, o un dannoso isolamento”. Più connessi ma più soli. Effetto di una società che appare ancora poco capace di governare le innovazioni tecnologiche. Tocca alla politica agire: “è il diritto che stabilisce le regole per le condotte consentite alla luce del bene comune”.

La tecnologia e la tecnoscienza hanno svolto un ruolo positivo per il progresso dell’umanità ed il Pontefice lo sottolinea in diversi passaggi. La tecnocrazia (il primato cieco della tecnica sulla vita e sull’uomo) è invece un pericolo. “Non possiamo ignorare – spiega il Santo Padre – che l’energia nucleare, la biotecnologia, l’informatica, la conoscenza del nostro stesso Dna e altre potenzialità che abbiamo acquisito ci offrono un tremendo potere. In quali mani sta e in quali può giungere tanto potere? E’ terribilmente rischioso che esso risieda in una piccola parte dell’umanità”. La corsa alla “singolarità” della Silicon Valley ha un fascino intrigante come poche ma nasconde insidie che non possono essere taciute. Il punto non è evidentemente frenare il progresso o proporre una alternativa fede/scienza. Al contrario, lo sforzo del magistero di Francesco è di porci dinanzi alla “urgenza di una coraggiosa rivoluzione culturale” che parte da un assioma chiarissimo: “la scienza e la tecnologia non sono neutrali”.

Ecco quindi che non solo di energia e cambiamenti climatici parla la Laudato si’. L’enciclica che sin qui ha catturato le attenzioni (e qualche pregiudizio) delle compagnie petrolifere dovrebbe essere letta con attenzione per esempio a Mountain View (quartier generale di Google) o nelle sedi di Facebook, WhatsApp e Tesla. Non per mettere al bando i loro investimenti nelle tecnologie del futuro ma per interrogarci tutti sui limiti (necessari) alla potenza di una innovazione che non abbia al centro la sacralità dell’essere umano e del Creato. La discussione e l’approfondimento sono solo all’inizio ma Francesco ci offre una opportunità (e tanti interrogativi) che sarebbe davvero esiziale non cogliere.

(questo commento è stato pubblicato oggi sul quotidiano Avvenire)

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