Trenta i morti e oltre cento i feriti dell’attentato suicida avvenuto ieri nella località turca di Suruc, a meno di 10 chilometri da Kobane. Un attacco che secondo il governo di Ankara porta chiara la firma dello Stato islamico, che ha colpito per la prima volta in modo così sfacciato nei confini del Paese del presidente Recep Tayyip Erdogan.
Sull’episodio, nel frattempo, si addensano dubbi: Hurriyet e Haberturk scrivono che le autorità erano state avvisate e che i servizi segreti avevano riscontrato l’entrata della presunta attentatrice in Turchia insieme ad altre due donne legate all’Isis.
Quali sono le ragioni di questa offensiva? Cosa è andato storto? E quali saranno adesso le conseguenze per la stabilità regionale?
Sono alcuni degli aspetti analizzati in una conversazione di Formiche.net con Lorenzo Vidino, docente e direttore del Programma sull’estremismo presso il Center for Cyber and Homeland Security della George Washington University.
Vidino, i drappi neri ora puntano alla Turchia?
A differenza dei recenti attentati, come quello in Egitto, nel caso di questo attacco l’obiettivo non era Ankara, ma i curdi. In questi giorni nel centro Amara erano riuniti circa trecento giovani per discutere della prospettiva di una regione autonoma al confine tra Turchia e Siria.
Il fatto che l’attentato sia avvenuto su territorio turco non crea comunque dei problemi al governo?
Decisamente sì. È la conseguenza del gioco pericoloso condotto dal presidente Recep Tayyip Erdogan, dal primo ministro ad interim Ahmet Davutoglu e della loro malcelata tolleranza nei confronti del movimento jihadista. Da una parte Ankara negozia ormai da anni un accordo con curdi, ma dall’altro però esprime simpatia nei confronti di chi, come lo Stato Islamico, li combatta. L’Isis al momento fa il gioco della Turchia su ben due fronti: contro i curdi, come già detto, e in Siria contro il regime di Bashar al Assad, considerato ostile da Ankara. E il fatto che quello turco sia un governo marcatamente islamista crea infine anche delle sintonie cultural-religiose, per così dire.
Perché, nonostante la crescita del Califfato, Ankara continua a considerare più pericolosi i curdi dell’Isis?
È un punto di vista difficile da accettare per noi occidentali, ma perfettamente logico per i turchi. Va detto infatti che questa considerazione è ampiamente accettata non solo nel partito al governo, ma anche negli altri. La ragione è che il semplice fatto che i curdi possano sottrarre una porzione del territorio turco al controllo di Ankara, viene vissuto come una minaccia diretta alla sicurezza nazionale turca. Un pericolo che per il momento l’Isis non ha dimostrato di essere, almeno nei loro confronti.
Alcuni osservatori ipotizzano che ad attaccare possa anche non essere stato l’Isis. Si fa il nome degli Hezbollah turchi.
Non importa tanto se l’attacco sia venuto direttamente dallo Stato Islamico, da gruppuscoli a loro vicini o totalmente slegati: resta il fatto che si tratta di un chiaro attentato di matrice islamica.
Cruciale sembra essere stato il ruolo dell’intelligence. Da un lato alcuni giornali dicono che le autorità erano state avvisate dei rischi di un attacco. Mentre alcuni manifestanti anti Erdogan hanno detto che nell’attentato potrebbe esserci stata la complicità dei Servizi turchi. Cosa c’è di vero?
Difficile dirlo al momento. Si tratta di dietrologia, che però ha una sua logica. Che i servizi segreti turchi negli ultimi 3-4 anni abbiano fatto giochi loschi contro i curdi è cosa nota. Da qui a sostenere con certezza che possano aver favorito un attacco kamikaze, questo è da vedere.
L’attentato è un segno del fallimento delle politiche turche?
Se penso al progetto di Erdogan di un neo ottomanismo che partisse da rapporti di buon vicinato con gli altri Paesi di fede islamica, questo è sicuramente fallito. Oggi la Turchia è considerata in modo peggiore di cinque o sei anni fa, tanto nella regione quanto in Occidente. Se si guarda invece all’episodio specifico, questo attentato non segnala un fallimento turco. Lo sarà nel momento in cui l’Isis comincerà a condurre attacchi mirati contro lo Stato turco.
Lo crede possibile?
Sì. Qualche scaramuccia c’è già stata negli scorsi anni ed è solo questione di tempo. Il passato insegna: la belva è stata nutrita, ma ora che è cresciuta sarà sempre più difficile tenerla sotto controllo.