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Vi spiego perché il prezzo del petrolio sta scivolando

Siamo arrivati così vicini ad un Grexit in seguito alla vittoria del No al referendum greco che, sfortunatamente, è stato creato un precedente. Quando ho occasione di discutere con gli investitori, è abbastanza chiaro che il rischio politico avrà un impatto maggiore nell’Eurozona d’ora in poi, qualunque sia il Paese da cui proviene. Sulla base di quanto detto, l’attenzione dovrebbe focalizzarsi sulle elezioni spagnole previste a fine anno. Nel frattempo, Draghi ha annunciato che Atene potrebbe presto beneficiare del QE della BCE e i mercati azionari europei sono vicini ai recenti massimi. Ora che il rischio di un Grexit è diminuito notevolmente nel breve termine, è il momento di tornare ad analizzare i fondamentali macro-economici. Uno dei temi più caldi delle ultime due settimane è stato il calo del 10% circa del prezzo del petrolio.

L’ACCORDO IRAN-USA

Questa recente flessione è coerente con lo scenario da noi stimato, ma si è materializzata più tardi di quanto pensassimo (avevamo stimato che ciò sarebbe avvenuto nel Q2). Mettendo fine ad una crisi durata 12 anni, l’accordo iraniano è certamente un fattore determinante della contrazione del mercato del greggio. L’impatto dell’accordo potrebbe essere colossale. Le esportazioni di petrolio iraniano potrebbero aumentare l’offerta mondiale di un 1 milione di barili al giorno nei prossimi anni. Con la conclusione delle sanzioni in settori come finanza, energia e trasporti, l’economia domestica iraniana sarà nuovamente aperta a società estere. E dai feedback che ho ricevuto in Medio Oriente chiunque vuole fare business in Iran. Infine, con questo accordo viene ripristinato l’equilibrio tra Paesi Sunniti e Sciiti. Questa strategia di contenimento potrebbe tuttavia intensificare i conflitti in Medio Oriente.

L’ABBASSAMENTO DEL PREZZO DEL PETROLIO

Al di là dell’accordo con l’Iran, i fondamentali del mercato del petrolio manterranno probabilmente i prezzi del greggio bassi per un lungo periodo. Diversi fattori dovrebbero, infatti, avere un impatto negativo sul corso del petrolio.

Innanzitutto, il team Oil & Gas di Exane BNP Paribas ha recentemente pubblicato una serie di report che analizzano in dettaglio i potenziali risparmi di costo per l’industria petrolifera. In particolare, gli analisti si sono concentrati sulla produzione di petrolio offshore, che rappresenta il 35% della produzione mondiale di petrolio ed è il segmento di mercato maggiormente in crescita dopo lo shale oil USA. La loro analisi bottom-up (deflazione, efficienza, innovazione tecnologica, requisiti di local content, e replicazione di nuove forme di produzione) rivela che è raggiungibile un risparmio di più del 40% dei costi di produzione del petrolio offshore. Gli analisti ritengono che la maggior parte dei progetti d’insediamento su un sito vergine potrebbero essere a termine economicamente convenienti con un prezzo del petrolio a 50$/barile.

Va, inoltre, evidenziato che, dopo 29 settimane consecutive di calo, il rig count di Baker Hughes ha finalmente registrato un aumento. Fattore ancora più importante, la diminuzione del numero di piattaforme nel primo semestre è stata accompagnata da un aumento nella produzione di shale oil USA (vedere il grafico sotto). La storia è simile a quella dello shale gas: l’aggiunta di un impianto in un’area di giacimenti fruttiferi compensa di gran lunga il calo della produzione dovuto all’abbandono di diversi impianti improduttivi siti in zone periferiche dei giacimenti poiché la conoscenza geologica migliora nel tempo.

LA PAURA INDEBOLISCE IL GREGGIO

Tutto sommato, la rinnovata debolezza del prezzo del petrolio potrebbe anche essere una conseguenza degli attuali timori degli investitori sulla Cina e sul settore automobilistico. Tuttavia, lo squilibrio strutturale domanda-offerta sul mercato del petrolio dovrebbe mantenere probabilmente i prezzi bassi e su un periodo più lungo di quanto si aspetti il consensus. L’aspetto positivo è rappresentato dal fatto che il calo del prezzo del petrolio dovrebbe dare una stimolo alla crescita mondiale e allo stesso tempo limitare l’inflazione nei prossimi trimestri. Inoltre, dato che il tasso d’inflazione implicito USA a 10 anni ha già registrato un calo nelle ultime due settimane, un prezzo del petrolio contenuto potrebbe probabilmente anche influenzare i rendimenti obbligazionari mondiali. Sicuramente un argomento interessante per la prossima settimana…



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