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Sanità e tagli, che fine hanno fatto i costi standard?

Ma che fine hanno fatto i costi standard? Ossia: non hanno avuto alcun effetto i costi standard nella sanità? Non dovevano essere una sorta di panacea dei mali della spesa sanitaria all’insegna dell’efficienza e non più dello spreco?

Prendere come riferimento le regioni più brave nel risparmiare su acquisti di di beni e servizi in ambito sanitario e invitare le altre regioni a seguire l’esempio degli enti più bravi. Questi i fini dei costi standard. A che punto siamo?

Queste domande si sono affastellate dopo l’ennesima intervista dell’ennesimo addetto governativo alla revisione della spesa pubblica che ha annunciato gli ennesimi provvedimenti/tagli sulla sanità scatenando le ennesime polemiche.

Incredibile ma vero, proprio la domanda iniziale (che fine hanno fatto i mirabolanti costi standard?) è posta in un libro appena scritto dall’ex commissario alla spending review Carlo Cottarelli: “Non si erano introdotti in sanità i costi standard?“, si chiede proprio Cottarelli a pagina 159 del libro “La lista della spesa”. E, ovviamente, visto che sa tutto della materia, Cottarelli risponde.

Innanzitutto, didascalicamente, l’ex commissario alla revisione della spesa pubblica ricorda che i costi standard “si dovrebbero utilizzare per determinare i finanziamenti totali, adeguandoli quindi almeno al grado di efficienza delle regioni migliori”.

In effetti, è tutto pronto. Anzi è tutto in vigore: in base a un decreto legislativo del 7 ottobre 2010 – scrive Cottarelli – ogni anno vengono effettuati complessi calcoli per stabilire le spese pro capite delle regioni, corrette per la composizione della popolazione.

Bene, quindi come funziona? Risponde sempre Cottarelli: tenendo conto anche di indicatori della qualità dei servizi forniti, si identificano le tre regioni più efficienti, la cui spesa media viene considerata come valore standard della spesa.

E vai, siamo vicini all’obiettivo. Sono state anche individuate le regioni più brave: nel 2013 – ricorda Cottarelli – le tre regioni benchmark erano Emilia-Romagna, Umbria e Veneto. Questo processo – scrive l’ex commissario governativo ora tornato al Fondo monetario internazionale – “crea un meccanismo virtuoso perché le regioni competono per raggiungere lo status di benchmark”.

Benissimo, allora come ha funzionato questo meccanismo? E quanti risparmi si sono avuti? Ehm ehm, dunque, mi sa poco, anzi nulla, forse chissà. Il super esperto Cottarelli non sa rispondere, anzi sì risponde, ma dice praticamente che i risultati sono zero, non ci sono stati risparmi, le migliori regioni sono solo contemplate, i benchmark non hanno effetti sulle altre regioni…

Possibile? Ecco quello che scrive Cottarelli, piuttosto chiaramente: “Il valore standard della spesa non influenza né l’importo totale dei trasferimenti al Servizio sanitario nazionale né la sua ripartizione. Il calcolo dei costi standard in sanità ha, quindi, almeno per ora, un uso informativo ma non sostanziale“.

Un uso informativo. Come i giornali di carta. Quindi per incartare il pesce.

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