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Lo sapete che gli Stati Usa sono più verdi del Congresso?

Di
Ambiente, tecnologie

Quando viaggio in giro per il mondo e parlo di quello che succede negli Stati Uniti, le persone sono spesso sorprese nel sentir dire che il Congresso è un agente poco attivo quando si parla di cambiamento climatico e tematiche energetiche. A ogni modo, è proprio così: il Congresso degli Stati Uniti è stato parecchio inattivo in termini di ambiente e ha cercato di frustrare molte iniziative proposte in favore del clima e dell’energia pulita.

D’altronde si tratta pur sempre di un soggetto politico. Ci sono due autori, un conservato¬re e un liberale, che hanno scritto un libro intitolato It’s even worst than it looks (È anche peggio di quello che sembra). Ma l’immagine dell’America è associata anche all’abilità di un presidente, Barack Obama, che è riuscito a sviluppare un’agenda per l’energia pulita che ogni singolo Stato sta rendendo operativa al proprio interno e, in molti casi, queste attività restano sconosciute a livello internazionale. Durante il suo primo mandato Obama, ha dovuto affronta¬re una crisi economica terribile e ha dedicato molto anche al settore sanitario, con l’approvazione di quello che oggi è più comunemente conosciuto come l’Obama care.

Dal 2008 al 2012 non si è dedicato, quindi, a tematiche ambientali. Cosa che invece ha fatto a partire dal 2012: con il suo secondo mandato, Obama ha messo al centro dell’azione non l’energia ma il clima, diventato argomento principale della sua politica. A giugno 2013, per la prima volta nella storia, un presidente americano ha presentato un piano d’azione per il clima. Nel fare questo, Obama è sempre stato consapevole delle difficoltà che avrebbe trovato al Congresso. Negli ultimi mesi sono state approvate alcune risoluzioni, ma nessuna davvero significati¬va o completa. Il piano di Obama prevede en¬tro il 2030 una riduzione del 30% delle emissioni di gas a effetto-serra rispetto ai livelli del 2005. Intanto, il presidente e il suo team continuano a preparare i lavori per Parigi 2015. C’è molto da fare, probabilmente più di quello che è riportato su libri e documenti, ma essere presente ai negoziati è molto importante per il presidente; significa anche assumersi le responsabilità relative alla riduzione delle emissioni di gas a effetto-serra. Nel frattempo è interessante osservare quello che sta accadendo all’interno dei 50 Stati Usa. È una questione interessante, soprattutto considerando la forma federale e la possibilità da parte degli Stati di portare avanti decisioni ostacolate dal Congresso. Si tratta di attività importanti per contrastare il cambiamento climatico, ma spesso sconosciute e non comunicate adeguatamente a livello internazionale.

Sono molti, infatti, gli Stati americani particolarmente impegnati sul fronte del cambiamento climatico e dell’uso delle energie pulite. Ad esempio, il governo della California ha appena annunciato l’impegno di raggiungere il 50% di energie rinnovabili entro il 2030; l’attuale obiettivo si attesta al 33% entro il 2020. In Colorado, se-condo Stato Usa in termini di grandezza, nel 2010 è stata sottoscritta una normativa che prevede di raggiungere un’allocazione del 30% di energie rinnovabili per gli investitori nel campo delle utility. In termini generali, negli Usa più di 200 mi¬lioni di persone utilizzano le energie rinnovabili, rispettano i criteri di efficientamento energetico e hanno un piano d’azione per il clima in base al quale agire.

Gran parte degli Stati Uniti, circa i due terzi, sono in prima linea in termini di azioni ecocompatibili che tengano conto del risparmio energetico e dell’uso di energie rinnovabili, fornendo degli importanti elementi per portare avanti l’azione per il clima. In Colorado, gli investitori del settore utility sono in grado di raggiungere il 30% di uti¬lizzo delle energie rinnovabili ben prima del 2020, riuscendo ad avere anche rilevanti vantaggi economici, a dimostrazione del fat-to che clima ed energie pulite non contrasta¬no con la crescita economica. In un certo senso le azioni dei singoli Stati hanno favorito l’agenda nazionale dell’ener¬gia pulita, dimostrando che le affermazioni che la classe media non avrebbe avuto le giuste risorse per pagare questa evoluzione erano sostanzialmente errate. Gli Stati hanno anche messo in campo delle azioni per finanziare le proprie attività green. Il Connecticut ha istituito un’apposita banca, così come ha fatto lo Stato di New York. Dei veri e propri istituti di investimento che operano nel settore delle tecnologie energetiche pulite.

Nello Stato di New York è stato rilevato che il ritorno sugli investimenti di questa tipologia di banca si aggira intorno al 7-8%. Un importo rilevante che stimola molti investitori ad agire in questo mercato. Si tratta di un’attività promettente, che può essere facilmente estesa anche agli altri Stati Usa. Parlando di clima, ci sono molti motivi per essere pessimisti, ma non necessariamente deve essere così.

Il messaggio che viene dagli Usa è che sono in corso delle attività che non hanno risonanza mediatica internazionale, ma che fanno ben sperare. Se si guarda alla leadership di questo Paese, alle attività dei singoli Stati e alle potenzialità del Clean power plan, ci si può aspettare davvero un accordo molto importante. Il Laboratorio nazionale per le energie rinnovabili, che si trova in Colorado, ha affermato che gli Usa possono raggiungere l’80% di utilizzo delle energie rinnovabili entro il 2050. E per fare questo non c’è bisogno di grandi miglioramenti tecnologici rispetto a quanto è già in nostro possesso. C’è bisogno di investire, ma ancor più c’è bisogno di capire se esiste una volontà politica in termini di azioni per il clima, che il presidente Obama e alcuni Stati Usa hanno già dimostrato di avere.

Traduzione di Valeria Serpentini

(pubblicato sul numero di giugno della rivista Formiche)

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