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Che succede a Napolitano e Galantino?

Come attivo senatore a vita (gli altri lo sono certamente meno di lui) Giorgio Napolitano ha diritto di partecipare alla vita parlamentare in tutte le forme consentite dai regolamenti e dalla prassi. Come ex Presidente della Repubblica (peraltro molto protagonista) dovrebbe usare – ad avviso di chi scrive – maggiore cautela nel prendere posizione sui temi divisivi del dibattito politico, a partire dalle riforme costituzionali. Anche perché – a causa della piega che ha assunto la discussione sulla riforma del Senato – non è consentito a nessuno, neppure ad un ex Capo dello Stato di rilasciare pareri (sul bicameralismo e sulla democrazia) come se fossero pro veritate. Quella di Napolitano è una posizione legittima, ma di parte.

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Monsignor Nunzio Galantino non si arrende. Dopo aver preso di mira i politici, se la prende con il Governo accusandolo di non occuparsi a sufficienza del problema dei profughi. Non si accorge però che il sostenere l’accoglienza in via di principio, sempre, comunque e senza limiti soffre della medesima semplificazione di una questione complessa che il segretario generale della CEI imputa ai politici “piazzisti da quattro soldi”. Se può vantare più di duemila anni di storia ciò è avvenuto perché la Chiesa cattolica non è solo una comunità di fedeli ma anche un “instrumentum regni”. Guai a dimenticarlo in nome di un “buonismo” che non porta da nessuna parte.

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E’ divenuto insopportabile il continuo tirare in ballo – come termine di paragone “politicamente corretto” – il trattamento economico del Presidente della Repubblica o addirittura di Barack Obama, evitando accuratamente di tener conto che, al di là di quanto percepito, questi personaggi vivono, loro e le loro famiglie, in suntuose dimore, serviti e riveriti di tutto punto, senza pagare alcunché né per il vitto né per l’alloggio.



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