Il pericolo è considerato talmente grande che nella National Security Strategy, presentata il 6 febbraio scorso alla Brookings Institution dal National Security Advisor, Susan Rice, si disse per la prima volta in modo chiaro che l’aggressività cinese in campo informatico è fonte di minaccia per gli Stati Uniti e i suoi alleati. Da allora la Casa Bianca non ha certo cambiato idea sull’argomento, anzi, l’ha ribadita e rafforzata nella cyber strategy del Pentagono e ha fatto del tema una priorità, da affrontare bilateralmente durante la prossima visita che il presidente Xi Jinping terrà negli Usa a settembre.
I PIANI DI OBAMA
Nell’occasione Barack Obama, spiegava il 26 agosto un funzionario ai giornalisti della Reuters, esprimerà al suo omologo cinese tutte le preoccupazioni per il moltiplicarsi degli attacchi hacker riconducibili a pirati della Repubblica Popolare. E la notizia, nonostante i dinieghi di Pechino che continua a dirsi estranea ai fatti, non coglie di sorpresa gli addetti ai lavori.
GLI ATTACCHI IN TEMPO REALE
Il fronte cyber tra i due Paesi è sempre più caldo e Washington vuole correre ai ripari. I dati sono allarmanti. Secondo la Norse Attack Map, una mappa che consente di visualizzare globalmente, e in tempo reale, i cyber attacchi scagliati ogni giorno, emerge senza ombra di dubbio che uno dei principali attori della guerra cibernetica in atto sia la Cina e che invece gli Usa siano, di fatto, l’obiettivo principale della quasi totalità degli attacchi.
L’ESCALATION
L’offensiva nei confronti di Sony Pictures, gli hack degli account Twitter e Youtube del Centcom (il comando delle forze armate americane responsabile della regione medio orientale) da parte di pirati vicini allo Stato Islamico, le intrusioni nei sistemi di JP Morgan, Target, Home Depot, Anthem o nei pc governativi, solo per citarne alcuni, hanno aumentato l’allerta. E messo in luce quanto un colpo ben assestato potrebbe creare grossi problemi (e enormi perdite economiche) agli Stati Uniti.
OMBRE CINESI
Nello specifico, il clima con la Cina è ulteriormente degenerato di recente, con l’ennesimo attacco risalente a dicembre 2014, ma scoperto solo ad aprile di quest’anno e reso noto a giugno. Questa volta, sono stati rubati dati altamente sensibili relativi a 4 milioni di impiegati del governo, in una delle più grandi violazioni di dati del governo federale. Gli hacker hanno avuto accesso a dati altamente sensibili dell’agenzia che si occupa del personale: indirizzi, recapiti ed anche numeri di previdenza sociale, spingendo gli inquirenti a indagare a fondo e a giungere alla conclusione che l’attacco fosse proprio opera di pirati della Repubblica Popolare. Da qui la risposta della Casa Bianca.
LE PRESSIONI INTERNE
L’agitazione manifestata da Obama, però, cela anche ragioni politiche. La sua volontà di premere sulla Cina – rimarca The Hill – arriva pochi giorni dopo le dichiarazioni del governatore del Wisconsin, Scott Walker, in corsa per la nomination repubblicana nella corsa alla Casa Bianca. In ragione degli ultimi attacchi hacker, l’esponente del Gop ha chiesto pubblicamente al presidente democratico di annullare la prossima visita di Stato, spronandolo a usare “un po’ di spina dorsale” invece “di onorare” Xi Jinping. Il capo di Stato americano, almeno pubblicamente, non ha ancora messo alla gogna la Cina per la sua pericolosità nel cyberspazio, mentre da più parti gli viene chiesto di assumere una posizione netta in merito. Ma il segretario di Stato John Kerry ha assicurato: gli attacchi cibernetici cinesi sono un problema “più volte sollevato” con la controparte, che – forse provata dalle recenti traversie economiche che hanno portato al crollo delle borse e alla forte svalutazione della divisa nazionale, il renminbi – si è detta finalmente disponibile ad avviare un gruppo congiunto di lavoro per discutere del problema.