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Cosa si dicono al telefono Papa Francesco e papa Scalfari

Fra un’immersione e l’altra nelle acque dei Caraibi il sindaco di Roma Ignazio Marino si è lasciato intervistare telefonicamente per assicurare, fra l’altro, che la collaborazione con il prefetto Franco Gabrielli, imposta o rafforzata dal governo con una lettera che egli riceverà formalmente dal ministro dell’Interno Angelino Alfano, non sarà una novità, e tanto meno riduttrice delle sue funzioni. Essa era già cominciata prima che lui partisse per le vacanze, è proseguita dopo e proseguirà al suo rientro, soprattutto al telefono.

Saranno alla fine smentiti, secondo Marino, “veleni e ironie”, fra cui evidentemente il ritorno del Campidoglio ai due consoli della Roma di duemila anni fa evocato da Francesco Rutelli all’indomani delle decisioni prese dal Consiglio dei Ministri e pudicamente definite “tecniche” dal ministro dell’Interno e da altri esponenti del governo.

Volente o nolente, con quella storia del telefono continuo con Gabrielli, il sindaco di Roma ha preso il posto di quell’attore che in una famosa pubblicità, davanti al plotone di esecuzione della sua condanna a morte, chiede e ottiene di telefonare perché “una telefonata allunga la vita”.

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Il telefono allunga la vita anche ai rapporti fra Papa Francesco e il fondatore della Repubblica, quella di carta, Eugenio Scalfari. Che ne parla e diffonde i particolari nei suoi appuntamenti domenicali con i lettori, che assomigliano sempre di più anche per questo a omelie.

Di recente Scalfari ha rivelato di avere suggerito telefonicamente al Pontefice di indire un Concilio per rendere più vincolante la sua svolta alla guida della Chiesa, ricevendone però un garbato rifiuto, bastando e avanzando a Francesco il compito di realizzare sino in fondo il Concilio voluto da Giovanni XXII, evidentemente disatteso sinora almeno per alcuni aspetti.

Sempre al telefono, Scalfari ha ora ricevuto dal Papa l’anticipazione del tema che affronterà nei discorsi che pronuncerà a breve davanti al Congresso degli Stati Uniti e all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite. Sarà il tema dei migranti, da non confondere – ha raccomandato Scalfari -con gli immigrati.

Con i migranti l’attenzione è dedicata alle aspirazioni di chi fugge dal proprio paese per cercare altrove quello che non ha, con gli immigrati prevale l’attenzione su quel poco, comunque sempre meno del desiderato, che i migranti sono destinati a trovare dove arrivano, quando riescono ad arrivare scampando agli scafisti, per mare, e agli autotrasportatori, per terra.

In questa sostanziale promozione del fenomeno migratorio, su cui tanti riescono a speculare con rivoltante cinismo, in partenza e all’arrivo, Scalfari finisce ormai non solo per concordare ma anche per scavalcare il Papa.

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In una intervista tutta puntata all’ottimismo e all’autocompiacimento il presidente del Consiglio ha parlato con Aldo Cazzullo, del Corriere della Sera, anche della ormai imminente battaglia, o guerriglia tipo Vietnam, che lo attende a Palazzo Madama per la riforma del Senato.

“Avremmo i numeri per una forzatura, anche se preferiamo un accordo”, ha detto Matteo Renzi. Ma quel condizionale – avremmo – tradisce più la voglia di scommettere, a prescindere dal risultato, che la certezza di vincere la partita, specie dopo che il presidente del Senato Pietro Grasso ha annunciato l’indisponibilità a blindare il testo chiave dell’articolo 2 della riforma uscito dalla Camera. L’articolo cioè che sancisce l’elezione indiretta del Senato, non più da parte dei cittadini ma da parte dei Consigli regionali.



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