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Tutti gli effetti geopolitici della scoperta di Eni in Egitto. Parla il prof. Sapelli

L’annuncio con cui Eni ha reso noto domenica scorsa la scoperta d’un maxi giacimento offshore di gas in Egitto avrà enormi effetti geopolitici per la stabilità regionale: in Libia, ad esempio, o nel rilancio dei rapporti tra Il Cairo e Israele, a beneficio dei quali l’Italia può recitare un ruolo da mediatore.

A crederlo è Giulio Sapelli, dal 1996 al 2002 nel cda di Eni, dal 1994 ricercatore emerito presso la Fondazione Eni Enrico Mattei e autore del pamphlet “Dove va il mondo” (edizione Guerini). In una conversazione con Formiche.net, lo storico ed economista spiega perché il significato dell’obiettivo raggiunto dal Cane a sei zampe non si limita al solo versante economico.

Professor Sapelli, che cosa significa per l’Eni questa scoperta in Egitto?

Come ha detto il suo ad, Claudio Descalzi, per il Cane a sei zampe è un risultato straordinario, perché consentirà di raddoppiare la produzione egiziana, guadagnare in reputazione nel mondo degli idrocarburi e confermare la bontà di una strategia volta a insistere nella ricerca anche in aree mature di Paesi dove la compagnia opera da decenni, dunque non solo in Egitto. Una scelta che apre importanti scenari non solo sul piano economico.

Quali?

Quel che è accaduto in Egitto è frutto del lavoro di ingegneri e tecnici che hanno perfezionato un metodo di ricerca tecnologicamente avanzato, che potrà essere esportato nella esplorazione del sottosuolo di altre parti del mondo, come ad esempio degli oceani.

Che benefici avrà invece il nostro Paese?

Il giacimento è una grande opportunità per la crescita delle nostre pmi, perché se c’è un’industria che sviluppa un forte indotto questa è quella petrolifera. Sono già molte le nostre aziende in Egitto e altre ne potranno arrivare, aiutando anche l’economia locale.

Palazzo Chigi ha puntato molto sul rapporto con l’Egitto.

Il presidente del Consiglio Matteo Renzi s’è mosso bene per creare un rapporto personale con Al Sisi, che darà una marcia in più alle relazioni bilaterali. Così si riafferma un legame solido tra i due Paesi, nato con Mattei negli anni ’50 e che conferma quanto sia stato importante per l’Eni aver deciso a suo tempo di rimanere in Egitto.

Servirà anche ad emancipare il nostro Paese dalla dipendenza dal gas di Mosca?

Dato che la situazione ucraina è incerta, avere una fonte alternativa non guasta.

Quali i vantaggi per Il Cairo?

Molteplici. In primo luogo ne rafforza il ruolo di media potenza regionale. Sul versante economico attirerà come detto nuovi investimenti, generando occupazione e rendendolo autosufficiente dal punto di vista energetico ed addirittura in grado di esportare gas.

Ciò può aiutare a stabilizzare anche la vicina Libia? O ne acuirà le tensioni, visto il sostegno di Sisi al generale Haftar e dunque a Tobruk?

Molto dipenderà dall’atteggiamento che deciderà di tenere l’Egitto. Può usare questa scoperta come una clava oppure come un elemento di dialogo, non solo nei confronti dell’ex regno di Muammar Gheddafi, ma anche in relazione a Israele e alle scoperte che ci sono state a Cipro.

In che modo può influire nei rapporti tra Il Cairo e Gerusalemme?

Potrebbe essere il punto di partenza per una collaborazione molto più forte tra l’industria dell’energia dei due Paesi. Tutti i problemi, in questo caso, nascono da questioni di approvvigionamento che ora è possibile risolvere. Bisogna rendere più solido il gasdotto, ora chiuso, che collega Israele ed Egitto e garantire il flusso di energia. Potrebbe tornare in auge un vecchio progetto a cui ho sempre creduto, il “gasdotto della pace”, anche in virtù della scoperta di Israele dell’altro maxi giacimento regionale, Leviatano. Ora ci sono aspre polemiche contro il governo israeliano alla Knesset per come dovranno essere gestiti i nuovi contratti. Ma la storia dell’industria petrolifera insegna che in questo settore di solito prevale la cooperazione e non lo scontro. In questo frangente Roma può essere fondamentale.

Che ruolo può avere il nostro Paese?

Penso che ne abbiano discusso anche Renzi e Netanyahu nella sua visita in Italia. I tecnici erano al corrente della scoperta da un po’. Credo che grazie a questa scoperta e agli eccellenti rapporti tenuti con entrambe le parti, l’Italia possa farsi promotrice di un’iniziativa diplomatica per stabilizzare le forniture di gas nel Mediterraneo – a vantaggio non solo di Roma, ma anche di Stati come Turchia e Marocco – e per normalizzare i rapporti energetici tra Egitto e Israele. Sarebbe un risultato storico.



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