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Perché dobbiamo essere orgogliosi di Eni e Saipem

Riceviamo e volentieri pubblichiamo

La scoperta da parte di Eni di un giacimento al largo delle coste egiziane – con un potenziale estrattivo di oltre 850 miliardi di metri cubi di gas all’anno – non rappresenta solamente una grande opportunità economica per il colosso oil&gas italiano, ma apre a mio parere anche scenari interessanti sia sul versante politico sia su quello economico. La mia prima considerazione riguarda l’impatto che la notizia ha avuto sull’opinione pubblica nazionale. Come spesso accade, restiamo sorpresi dalla scoperta che l’Italia non è quel cumulo di macerie che molti dipingono, ma che in questo Paese ci sono fisici, geologi, matematici, ingegneri e ricercatori di valore mondiale.

L’Eni insomma ha scoperto un mega giacimento di gas in Egitto grazie al lavoro di 300 donne e uomini altamente specializzati ed utilizzando le tecnologie della Saipem 10000, una nave che possiede strumentazioni all’avanguardia per la ricerca oil&gas (il responsabile di quest’area per la Saipem è un mio concittadino ravennate, Emilio Saladin, a cui faccio le mie congratulazioni per il risultato ottenuto). Ma mentre ci stupiamo ed esultiamo per questa vittoria dell’ingegno italico in tutto il mondo (oltre all’Egitto Eni ha scoperto giacimenti in Mozambico, Congo, ecc), dall’altra parte continuiamo a negare a questo stesso ingegno la possibilità di potersi applicare in Italia. Dove – non mi stancherò mai di ripeterlo perché da lì può passare la ripresa del Paese – ci sono progetti di sfruttamento di giacimenti nell’oil&gas per oltre 20 miliardi di euro.

Insomma, le risorse energetiche fossili che si trovano all’estero vanno bene e vanno sfruttate, mentre quelle, per altro ingenti, che abbiano in Italia vengono demonizzate. Due pesi e due misure che non fanno bene né alla nostra bilancia dei pagamenti né ai nostri territori, che stanno perdendo opportunità di creare ricchezza e occupazione.

La seconda considerazione è relativa al futuro che l’Italia può giocare nella risoluzione della crisi fra Unione europea e Russia. E in questo senso l’incontro di agosto fra l’amministratore delegato di Eni Claudio Descalzi e il presidente del consiglio di amministrazione di Gazprom, Alexey Miller – fidatissimo del presidente Putin – apre prospettive interessanti e, fino a poco tempo fa, impensabili. Un’eventuale intesa Eni-Gazprom per lo sfruttamento del giacimento egiziano potrebbe consolidare, infatti, anche per gli interessi di Eni nel campo dell’oil&gas in Russia, le collaborazioni fra quest’ultima e l’Italia. Dall’altra parte Gazprom è il candidato perfetto per una partnership, tenendo conto delle sue risorse finanziarie e tecniche e le sue motivazioni per iniziare a operare nel Mediterraneo.

Tale situazione metterebbe il nostro Paese nelle condizioni di potersi candidare a recitare un ruolo da protagonista nel costruire una soluzione alla crisi ucraina e alla costruzione di una nuova pace europea, come ha più volte sostenuto Romano Prodi. È di un anno fa la decisione dell’Ue di applicare sanzioni alla Russia e la sua risposta con l’embargo nei confronti delle merci europee: una situazione che mette in difficoltà molti settori per i quali l’export verso la Russia è un fattore economico determinante.

Poi c’è la questione Saipem. Se andrà in porto un accordo fra Eni e Gazprom la società, dopo essere stata esclusa dal progetto Southstream, potrebbe ritornare a collaborare con l’azienda russa sia nel Turkish Stream che nel North Stream. Ma soprattutto ritornerebbe a essere quello che è sempre stata – e che ho sempre sostenuto debba continuare a essere – cioè un’azienda strategica per il nostro Paese. E dopo questa svolta, mi pare che sia ancora più valida la mia tesi che Eni – e tutto il sistema industriale dell’impiantistica italiana – non può fare a meno della sua società di ingegneria, per il suo patrimonio di conoscenze e di professionalità di livello internazionale. Il suo ‘ritornare in gioco’ grazie alla scoperta del giacimento egiziano sarebbe quindi una buona notizia per tutto il Paese.

Sicuramente un effetto positivo di questa scoperta riguarda il rafforzamento dei rapporti fra il nostro Paese e l’Egitto che, non va dimenticato, è il secondo produttore di gas africano.

E l’Italia rappresenta il primo partner commerciale tra quelli europei e il terzo a livello mondiale dopo Cina e USA, per un totale nel 2014 di 2784 milioni di euro in prodotti esportati (la parte più consistente è costituita da motori a combustione interna e turbine, macchinari per l’industria chimica, petrolchimica e petrolifera, sistemi robotizzati per l’industria).



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