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Il dibattito nella Chiesa sull’accoglienza dei profughi in Europa

La Chiesa cattolica è in prima linea sulla questione migranti e profughi. Il Papa stesso, lo scorso 30 agosto, ne ha parlato all’Angelus: “Purtroppo anche nei giorni scorsi numerosi migranti hanno perso la vita nei loro terribili viaggi. Per tutti questi fratelli e sorelle, prego e invito a pregare. In particolare, mi unisco al Cardinale Schönborn – che oggi è qui presente – e a tutta la Chiesa in Austria nella preghiera per le settantuno vittime, tra cui quattro bambini, trovate in un camion sull’autostrada Budapest-Vienna. Affidiamo ciascuna di esse alla misericordia di Dio; e a Lui chiediamo di aiutarci a cooperare con efficacia per impedire questi crimini, che offendono l’intera famiglia umana. Preghiamo in silenzio per tutti i migranti che soffrono e per quelli che hanno perso la vita”.

“SCANDALOSO NON APRIRE LE PORTE”

Su come risolvere l’emergenza, però, le opinioni divergenti. Il Pontefice parlava del cardinale viennese Christoph Schönborn, che sabato si è recato al confine tra Austria e Ungheria per accogliere le migliaia di profughi che passavano il valico di frontiera di Nicklesdorf Burgenland. “Si può vedere in faccia alla gente il sollievo per essere arrivati qui”, ha detto il porporato austriaco che nei giorni scorsi aveva tuonato contro le misure adottate da diversi governi mitteleuropei, contrari ad aprire le frontiere: “E’ scandaloso che alcuni paesi confinanti con l’Austria che hanno un millesimo del numero dei profughi che ci sono in Austria non li accettano”. Parlava di paura e di “voci xenofobe”, anche se “la mia impressione è che nel popolo ci sia molta solidarietà, compassione e disponibilità ad aiutare questi poveri che arrivano con niente”, ha osservato in un’intervista al Tg2000, il telegiornale di Tv2000.

“IL MURO IN UNGHERIA? SOLUZIONE FORTE MA EFFICACE”

Ma è proprio da quei paesi “confinanti con l’Austria” che si sono levati i distinguo, anche tra le gerarchie episcopali.  Naturalmente la premessa è la stessa: “Se non riusciamo ad aiutare i profughi allora abbiamo già perso le nostre radici cristiane”, ha detto il vescovo ausiliare di Budapest, mons. Janos Szekely. Eppure, sul tanto contestato muro eretto dal governo di Viktor Orban, il presule non se la sente di pronunciare condanne dal pulpito: “Dove una frontiera è costruita con una difesa fisica tutto il processo d’immigrazione illegale si ferma. E’ una soluzione forte ma efficace”, anche se – prosegue Szekely – “questo non vuol dire che l’Ungheria vuole chiudere le porte”. E ancora, “in Turchia si sentono voci fra comunità musulmane che vogliono conquistare l’Europa. A volte un motivo religioso è presente nel cuore di questi migranti. Certamente l’Europa dovrebbe mantenere le sue radici cristiane per esempio aiutando questa gente”.

“NON SI POSSONO COSTRUIRE MURI”, DICE IL CARD. VEGLIO’

Parole ben lontane da quelle pronunciate a fine agosto dal cardinale Antonio Maria Vegliò, presidente del Pontificio consiglio della Pastorale dei migranti e gli itineranti. Intervistato da Radio Vaticana, Vegliò diceva: “Non si possono costruire muri, non è questo quello che la Chiesa vuole, quello che ognuno di noi vorrebbe. Le conseguenze estreme non vanno mai bene”. Il “il grande problema è che poi per difendersi uno passi anche agli estremi opposti, tipo bloccare tutti, mandare via tutti, rompere trattati internazionali, per difendere la propria identità nazionale, non è ragionevole”.

“RISOLVERE IL PROBLEMA ALLA RADICE, NON STERILI DISCORSI”

Dalla Siria, però, con una lunga lettera inviata ad AsiaNews, il patriarca della Chiesa cattolica greco-melkita, Gregorio III Laham, vira l’obiettivo dagli spostamenti di profughi nel cuore dell’Europa al medio oriente: “Tutto il mondo ha visto la foto del bambino curdo siriano” morto sulle spiagge della città turca di Bodrum, e “a questo proposito voglio lanciare un appello: per evitare simili tragedie il punto è fare la pace, garantire la salvezza e il futuro del Medio oriente.  Ai governi occidentali e all’Europa, prosegue, “dico che il punto centrale non è accogliere e ospitare i profughi, ma è fermare il conflitto alle radici. Tutti devono essere coinvolti, dall’Occidente alle nazioni arabe, dalla Russia agli Stati Uniti. Questo è ciò che aspettiamo, la pace… Non parole sui migranti e discorsi sull’accoglienza. Mai più la guerra”.


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