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Tutti i perché della Germania accogliente con i profughi siriani

All’apparenza quella di Berlino sui migranti potrebbe sembrare schizofrenia. Solo un mese fa, con un episodio che ebbe grande risalto sui media, la cancelliera Angela Merkel fece scoppiare in lacrime una ragazzina palestinese richiedente asilo, spiegandole senza giri di parole perché sarebbe difficilmente potuta restare in Germania. Oggi, invece, lo stesso Paese ha deciso di sospendere temporaneamente il trattato di Dublino per i rifugiati siriani invitandoli a entrare nei confini teutonici; ha annunciato lo sblocco di 6 miliardi di euro aggiuntivi per accogliere i richiedenti asilo nel 2016 (3 andranno agli stati regionali e i comuni, che si incaricano dell’alloggiamento dei rifugiati); e discute se operare modifiche alla Carta Costituzionale per poter essere più accogliente e tollerante. Come leggere questa svolta?

IL PROBLEMA DEMOGRAFICO

Per alcuni osservatori, le sfide demografiche che attendono la Germania sono in cima alla lista delle ragioni di questo cambiamento. Berlino, rimarca Open Democracy, affronterà a breve e lungo termine due problemi: “Il bisogno di lavoratori qualificati e l’invecchiamento e il calo della popolazione”. Non si tratta di piccoli numeri. L’economia tedesca, prosegue l’analisi, “deve affrontare un deficit di circa 2 milioni di lavoratori entro il 2020. Diversi studi suggeriscono che siano necessari circa 400mila immigrati qualificati all’anno per mantenere” efficiente l’economia. Per farlo è “necessario incrementare l’immigrazione”, anche se il Paese “non s’è dimostrato particolarmente abile a integrare le minoranze etniche”.

VOCI DALLA GERMANIA

C’è poi l’opinione dei tedeschi. Per Michael Wolffsohn, 68 anni, storico molto ascoltato in Germania intervistato oggi per il Corriere della Sera da Danilo Taino, il fatto che questa Germania abbracci i rifugiati è sorprendente solo “per chi non la conosce, per chi la immagina ancora un Paese militarista e xenofobo”. È “cambiata totalmente”, spiega, ma contestualmente invita alla calma. “Però starei attento”, aggiunge. “I sondaggi d’opinione dicono che buona parte dei tedeschi è scettica su questi arrivi. Non per xenofobia ma per il timore degli enormi cambiamenti che produrranno”.

NON (SOLO) UN PROBLEMA TEDESCO

Per l’intellettuale, tuttavia, sarebbe sbagliato identificare il problema guardando solo alla Germania. “Non è un problema solo tedesco, è europeo. Economicamente, sì: l’Europa è in grado di affrontare gli arrivi. Nel lungo periodo i problemi sono seri. Si tratta di realizzare una transizione pacifica verso società eterogenee e multinazionali”, anche se è lecito attendersi che nel medio periodo “l’Europa diventerà in molti casi teatro di guerra tra due Islam, tra chi lo vuole umano e i radicali, già presenti sul nostro territorio, che non lo vogliono permettere”.

PRAGMATISMO TEDESCO

In un articolo sulla Stampa, la corrispondente da Berlino del quotidiano torinese, Tonia Mastrobuoni, mette in evidenza come la Germania affronti “il problema dell’immigrazione con il tipico pragmatismo. Primo, come ha ricordato ieri la ministra del Lavoro, Andrea Nahles, c’è il problema dello «sviluppo demografico». I tedeschi fanno pochi figli e considerano da sempre l’immigrazione come una salvezza. Secondo, come ha ricordato ieri il capo di Daimler, Dieter Zetsche, i giovani che arrivano in queste ore drammatiche dal Medio Oriente «sono giovani, ben istruiti e molto motivati: esattamente ciò di cui abbiamo bisogno». E qui sta il secondo segreto delle politiche per l’immigrazione targate Merkel: sono razionali. Stanno portando avanti una stretta sui migranti provenienti dai Balcani occidentali e privilegiando l’accoglienza dei profughi siriani perché dal Paese di Assad sta scappando una classe media, istruita, molto più funzionale all’industria avanzata tedesca dei migranti che provengono dall’Albania o dalla Serbia”. Un dettaglio ribadito anche da Umberto Minopoli, presidente di Ansaldo nucleare, che su Facebook scrive: “Ora però siamo seri: i rifugiati siriani non sono derelitti. Ma emigrazione di classe media. Istruita e proveniente da un Paese che (fino alla svolta di Assad) ha coltivato la laicità e non il fondamentalismo: uno dei Paesi più occidentali insieme al Libano fino all’involuzione di Assad. Ovvio che la Germania li accolga”.

UNA NUOVA LEADERSHIP

I calcoli economici e di integrazione, però, non sarebbero gli unici fari a guidare l’azione tedesca. Nell’atteggiamento della Merkel, rileva il giornalista Marco Ventura su Panorama, “c’entrano, più della politica spiccia, la psicologia dei popoli e della storia, la riconquista di un ruolo di leadership non solo economica e politica, ma etica di Berlino in Europa”, vista anche la preoccupante crescita nel Paese di gruppi neo nazisti responsabili anche di diverse violenze verso campi di accoglienza, come racconta lo Spiegel.

I RIGURGITI NEONAZISTI

Un aspetto, questo, sottolineato anche dal germanista Angelo Bolaffi. “La maggior parte della popolazione tedesca è solidale e appoggia gli immigrati – pensa lo studioso sentito da Formiche.net – ci sono delle frange minoritarie nelle regioni della Germania orientale (ex Germania comunista), dove già nel ’93 ci furono atti di ostilità molto forti con l’incendio di alcune case dei rifugiati. C’è bisogno di una risposta ferma e la Merkel l’ha voluta dare dimostrando che non solo c’è la polizia, ma c’è anche un’immagine della Germania più aperta, disposta ad accettare l’immigrazione”.

L’INTERVENTO IN SIRIA

C’è poi la questione siriana, in senso stretto, che Berlino prova ad affrontare – commenta su Facebook l’editorialista Guido Salerno Aletta – grazie a una cancelliera “double face“. Prima, dice Salerno Aletta, “fa piangere una bimba, dicendole che in Germania non c’è posto per tutti. Poi cambia idea e proclama che la Germania apre le porte a tutti i siriani”. Un atteggiamento che potrebbe essere il prologo a qualcosa di molto più ampio della semplice solidarietà. “Siamo forse pronti”, si chiede ancora l’editorialista, “all’intervento militare in Siria?”.



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