Solo domenica scorsa, l’inviato delle Nazioni Unite per la Libia, Bernardino Leon, aveva dato nuovo vigore alle speranze di un’intesa in Libia, annunciando che durante i negoziati in corso in Marocco era stato raggiunto un consenso “sui principali elementi” di un accordo per la formazione di un governo di unità nazionale nell’ex regno di Muammar Gheddafi. Ora una nuova tegola: il parlamento di Tobruk – quello riconosciuto dall’Occidente e sostenuto da Egitto ed Emirati Arabi Uniti – ha respinto le richieste di modifiche apportate al testo di accordo, presentate dai membri del Congresso di Tripoli (aiutati da Turchia e Qatar) che invece ieri hanno accolto il documento di Leon.
LE RAGIONI DEL “NO”
Il parlamento di Tobruk – riporta l’agenzia Nova citando l’omologa libica al Tadhamoun – ha ribadito “la necessità di rispettare la bozza di accordo già firmata lo scorso luglio”.
IL FUTURO
Cosa accadrà adesso? Difficile dirlo. Di certo l’azione di Leon, fanno notare molti osservatori, ha evidenziato per l’ennesima volta i suoi limiti (arduo comprendere se per incapacità personale o per l’oggettiva complessità della situazione). Fatto sta che ci si trova di nuovo in uno stato d’impasse e, malgrado alcune richieste di prorogare il suo mandato in scadenza a fine mese, sono sempre di più coloro che si chiedono se non sia il caso che l’inviato Onu rassegni le dimissioni e la comunità internazionale aumenti il livello di ingaggio in Libia.
LA CRITICA DI PANELLA
Le ragioni della débacle a cui s’è assistito finora sono molteplici e dietro tutte c’è l’azione scomposta delle Nazioni Unite. Per Carlo Panella, firma del Foglio e di Libero e autore del “Libro nero del califfato” (Bur editore) il “primo punto agli atti – ha scritto – è che la missione di mediazione Onu, gestita, malamente come al solito, dallo spagnolo Bernardino Leon non solo sta fallendo, ma ha involontariamente favorito l’impianto e l’esplosione delle forze del Califfato”. Non solo. Secondo Panella, le Nazioni Unite, in Libia, non hanno “valutato correttamente neanche il peso determinante – in negativo – degli interventi militari diretti e indiretti” delle potenze regionali che si contendono il futuro del Paese.