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Così Codogno (ex Tesoro) rampogna Renzi e Padoan sulla flessibilità europea

“La difficile trattativa sulla flessibilità con Bruxelles” è titolata a pagina 5 del Sole 24 Ore l’analisi di Lorenzo Codogno. Chi è Codogno? Un economista, ora alla London School of Economics, fino allo scorso aprile capo economista al ministero retto da Piercarlo Padoan.

Quando lasciò il Tesoro, le cronache giornalistiche raccontarono di differenti impostazioni fra Codogno e i vertici del governo Renzi su evoluzioni macroeconomiche e caposaldi della politica economica. Chissà. Sta di fatto che l’analisi pubblicata oggi dal quotidiano di Confindustria contiene elementi critici verso l’azione del governo e pure del ministero di via Venti Settembre che, forse, sono indicativi dei motivi che in parte possono essere stati alla base dell’uscita di Codogno dal dicastero retto da Padoan.

L’ex capo economista del Tesoro si concentra sulla questione della flessibilità che la commissione europea può accordare agli Stati sul rispetto degli obiettivi di finanza pubblica. Il presidente del Consiglio due giorni fa nel corso trasmissione Otto e Mezzo su La 7 condotta da Lilli Gruber ha detto che “il prossimo anno potremo avere uno spazio di deficit dell’1,4%”. “Significa – ha aggiunto il premier Matteo Renzi – che abbiamo un certo tot di soldi da spendere, e grazie a Padoan e a tutti noi avremo fino a 17 miliardi di flessibilità”.

Un annuncio e un ragionamento che non convince l’ex capo economista del Tesoro. Scrive infatti Codogno che nelle conclusioni del Consiglio Ue dello scorso luglio c’era stato il via libera “all’obiettivo di 1,8% per il 2016 indicato nel Def, che pertanto comprende già la flessibilità concessa”.

Questi quattro decimi di punto – aggiunge Codogno – “valgono circa 6/7 miliardi”. Si domanda l’ex capo economista del Mef: “Dove sono gli altri 10/11 miliardi per arrivare ai famosi 17 di cui ha parlato anche il presidente del Consiglio?”. Sembrerebbe – scrive Codogno – “siano nella cosiddetta clausola per gli investimenti, ovvero la flessibilità concessi ai Paesi per aumentare la spesa pubblica per investimenti cofinanziando progetti che utilizzando fondi europei. Ma nel Def non c’è traccia della richiesta. Una svista? Una totale dimenticanza? O forse un calcolo, per cercare di ottenere almeno la flessibilità per le riforme?”.

Comunque, aggiunge Codogno, “la flessibilità aggiuntiva semplicemente non è stata chiesta. Chiederenon è solo una buona regola del galateo istituzionale europeo ma è anche un preciso requisito tecnico ribadito da una Comunicazione della Commissione europea del gennaio scorso”.



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