Il viaggio di Papa Francesco in America continua. Oggi è la volta di Washington, dove il Santo Padre si fermerà prima di andare a New York domani sera.
Le polemiche non sono mancate, dopo gli intensi giorni cubani. In aereo ai giornalisti che gli chiedevano se per caso lui fosse comunista, il Papa ha risposto che egli può professare il credo ogni volta vi sia qualche dubbio, segnando così, se ci fosse stato bisogno, lo spartiacque netto tra l’ideologia marxista e il Cristianesimo, come avrebbe detto Etienne Gilson, ma tessendo anche, come è giusto che sia, il dialogo personale con tutti.
Bene. La cosa importante, in vista oggi dell’incontro con Barack Obama, è tuttavia capire che tipo di atteggiamento Bergoglio terrà con gli Stati Uniti, i quali intanto lo attendono gioiosi e impazienti, con tanto di bandiera gialla che sventola sulla Casa Bianca e di esaltati elogi da parte di John Kerry.
Certamente Francesco sente suo il popolo americano, così come sente sua qualsiasi comunità che incontra, a maggior ragione se, come nel caso di specie, vi è nel cuore della gente una profonda e permanente tradizione cristiana. Tutte le polemiche politiche, pertanto, spariranno non appena gli sarà possibile dire quello che pensa, e verrà ascoltato il suo dire e fare, senza travisarne il messaggio.
Il primo tassello di questa trama è saldata all’idea di convivenza che ispira il Pontefice. Da un lato vi è una fedeltà assoluta all’universalismo, quindi a una visione complessiva del genere umano, e dall’altro il lavoro perseverante a favore di una maggiore unità tra i cristiani, in primis tra i due grandi imperi di Occidente ed Oriente. Al Papa insomma non piace avere l’America contro la Russia, e vorrebbe la diffusione nella concordia di una pace globale che passasse attraverso l’incontro e l’apertura tra le persone dell’Est e dell’Ovest nell’unità di un’Europa accogliente e non solitaria e spezzettata.
Questo sicuramente sarà un primo passaggio importante dei suoi prossimi colloqui diplomatici.
Il secondo, ancora più essenziale, riguarda invece il rapporto diretto con gli States. Alcuni ambienti conservatori hanno polemicamente manifestato un diniego verso le aperture del Papa su Cuba, ma anche verso la presunta accondiscendenza con tutto il mondo islamico. In realtà lo spirito americano è pienamente parte del modo di sentire e di ragionare del Papa, e contrario a queste letture radicali.
Per capirlo è sufficiente chiedersi in che cosa consista la vera cultura statunitense. Perché questo è il quid. Essa in nessun modo può essere riassunta correttamente né con una prassi imperialista, né tanto meno con un certo modo talvolta cinico di pensare in senso individualistico, violento e chiuso in se stesso, la vita sociale.
Nel programma dei Repubblicani ad esempio si afferma il primato della vita umana, della famiglia e del popolo, con la stessa intensità con cui in quello dei Democratici si mette in risalto la missione di libertà e di solidarietà umanizzatrice dell’America. Questi valori sono sicuramente nella loro integralità pienamente cristiani e pienamente condivisi dal Papa.
Una conferma finale ci può essere data rileggendo la Costituzione degli Stati Uniti, in cui non sono esaltati stereotipi di americanismo ma la quintessenza di ogni civiltà: un’idea del ‘noi’ sovrano e comunitario; l’obiettivo della giustizia, della pace, della difesa comune; il benessere generale; la libertà presente e futura tra le generazioni, eccetera eccetera.
D’altronde, dopo l’abolizione dello schiavismo, ha fatto la sua comparsa lo straordinario XIII Emendamento (1865), nel quale si afferma che negli Stati Uniti è vietata qualsiasi ‘involuntary servitude’, ossia qualsiasi forma di servitù coercitiva. E come dimenticare, a tal proposito, che il I Emendamento, il più importante di tutti, decreta inequivocabilmente la libertà religiosa come diritto costituzionale?
È facile immaginare allora che, ben oltre le sterili polemiche dell’ultima ora, il Papa ricorderà quale sia la vera identità del popolo americano e dove risieda lo spirito profondo degli Stati Uniti. Una nazione grande, aperta a una visione trascendente della persona umana, la quale rappresenta in sé un pilastro assoluto nella realizzazione di un mondo tentato oggi più che mai dalla disumanizzazione, provato da interessi violenti e selvaggi, minacciato da nuove forme di schiavitù e da fondamentalismi che vogliono separare per sempre religione e civiltà umana, destino dei popoli e democrazia, interessi personali e solidarietà, sviluppo economico e rispetto del pianeta.
Il Papa parlerà all’America da americano, e comunicherà nei palazzi di Washington e New York l’autentica vocazione degli Stati Uniti, quel sentire che alberga nell’anima di ogni popolo, di ogni democrazia e di ogni ordine globale che cresca nella pace, e che gli Stati Uniti hanno garantito dappertutto a costo della loro vita. E se vi sarà qualche passaggio polemico sarà finalizzato unicamente a spingere la politica alla riscoperta di ciò che da sempre rende il loro Paese un mondo nuovo e una permanente speranza.