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Cosa succederà dopo le dimissioni del generale Allen?

Il generale John Allen ha manifestato la volontà di lasciare l’incarico di inviato speciale del governo statunitense nella coalizione internazionale contro il sedicente Stato Islamico, mandato assegnatogli circa un fa dal presidente Barack Obama con il supporto dall’intera amministrazione USA, forte di una esperienza in contesti internazionali e in vari scenari di crisi.

La motivazione pubblicamente addotta a tale scelta è di natura familiare, sebbene non poche voci sulla stampa di settore richiamino sempre più insistentemente una situazione di latente insofferenza che avrebbe caratterizzato i rapporti con il presidente Obama per le decisioni assunte dai vertici dell’esecutivo statunitense nella lotta a Isis.

Al di là delle ragioni alla base di un cambiamento così netto nelle politiche di contrasto al terrorismo di matrice jihadista, si pone l’obbligo di riflettere sulle ripercussioni che scaturiranno nel medio/lungo termine per la coalizione internazionale.

Allen nel tempo avuto a disposizione è riuscito a costruire un consenso trasversale tra le rappresentanze diplomatiche dei Paesi che prendono parte alla coalizione anti-Isis. Le sue visite oltreoceano e le numerose presenze nelle aree più critiche hanno certamente contribuito a strutturare e consolidare una strategia di graduale logoramento dell’avversario, anche grazie a un’attività di addestramento mirata ad organizzare i ribelli più moderati, attivi tra Iraq e Siria.

Sebbene tale metodo non si sia dimostrato sempre vincente – basti pensare alle sconfitte sul campo subite a causa dell’inesperienza dei ribelli, tatticamente non in grado di fronteggiare le forze di terra dell’IS – diversi osservatori hanno sottolineato la capacità dimostrata dal generale nel pianificare ed eseguire un disegno di lungo periodo in cui si è saputo tenere in considerazione gli elementi a disposizione e la necessità di muoversi in un contesto totalmente destabilizzato.

Secondo alcuni analisti Usa la fase di stallo che si apre potrebbe portare ad una intensificazione dell’impegno militare in Siria ed Iraq attraverso un aumento dei flussi di armi inviate per supportare la resistenza dei ribelli.

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