Ieri il Papa è arrivato al Palazzo di Vetro. Con il passo lento e con la sicurezza negli occhi, ha attraversato l’emiciclo e si è seduto sullo scranno più alto. Dietro di lui solo il presidente e il segretario generale che gli hanno dato il benvenuto.
Dopodiché sono arrivate le sue parole: alte, solenni, consapevoli della lunga esperienza diplomatica e politica di cui è portatore, attente a dire esattamente quanto serve oggi ad un mondo nuovo, diverso rispetto al passato, quasi indecifrabile nella sua essenza.
Il primo riferimento a cui Francesco si è appoggiato per enucleare il proprio pensiero è stata esattamente la definizione che settant’anni fa quasi tutti gli Stati del mondo si sono dati fondando le Nazioni Unite: il diritto universale. Si tratta di un punto focale del cosiddetto Preambolo, che definisce le finalità dell’organismo internazionale supremo del pianeta: salvare le future generazioni dalla guerra, riaffermare la fede nei diritti fondamentali dell’uomo, creare le condizioni di giustizia, promuovere il progresso sociale.
Il Papa non ha avuto bisogno di scomodare direttamente il Cristianesimo, perché il Cristianesimo sta lì, raccolto appunto nei valori che ispirano tutti i popoli. Ed è stato muovendo da questo ritorno ai principi universali che Francesco, pienamente in continuità con i suoi predecessori, ha articolato la lettura dei problemi del nostro oggi e le soluzioni che possono essere date, applicando coerentemente e anche eroicamente, una volta per tutte, questi solenni presupposti.
Come? In primo luogo valorizzando la sacralità dell’ambiente, minacciato dagli effetti distruttivi, conseguenza dei nefasti effetti della tecnoscienza. Ma anche e sempre ritrovando il giusto posto, la giusta collocazione, alla persona umana, al centro degli interessi di tutto e di tutti.
La persona umana, ha spiegato il Papa, non è soltanto un risultato biologico, la sua dignità non deriva dalle condizioni in cui si attua l’esistenza di qualcuno. Ogni persona umana è principio e fine della società globale perché costituisce una realtà che trascende la pura materialità delle cose che ha intorno, essendo spirito, volontà e natura.
È all’interno di questa consapevole affermazione del valore supremo di ogni persona umana che discendono poi a cascata tutte le considerazioni successive che Francesco ha esposto ai delegati, e l’impegno, soprattutto l’impegno, con cui l’ONU deve agire con risolutezza sopra gli interessi egoistici, individuali e nazionali che resistono e si impongono surrettiziamente.
Di grandissima rilevanza è stata, in tal senso, la considerazione che il Papa ha fatto sui danni che derivano dal riduzionismo dei diritti umani: in primo luogo la cultura dello scarto, nuova forma di selezione pragmatica della specie, la creazione di modalità sempre più radicali di povertà involontaria, volto subdolo di una nuova schiavitù, la guerra, espressione selvaggia del disconoscimento dell’altro e sua strumentalizzazione violenta.
Il Papa ha esortato i potenti del mondo, presenti e non presenti, a non trasformare il mondo in un ring dove si fronteggiano armate soggettività esclusivamente sociali, vale a dire organizzate secondo la logica del mero interesse individuale, ma di concepirlo come un paesaggio di pace, rispettato e apprezzato, nel quale i popoli possano trovare le condizioni materiali e spirituali per essere autenticamente quello che sono e vogliono essere insieme.
Oggi è giunto il momento di compiere il decisivo passaggio dalle società chiuse di ieri ai popoli aperti di domani. E tale surplus è possibile unicamente se la politica riesce ad rappresentare la generosità e il sacrificio di ognuno per realizzare il bene di tutti, interpretando la speranza della storia verso il futuro.
Le nazioni saranno unite, se i popoli saranno vivi spiritualmente, e se gli obiettivi comuni non resteranno un retaggio esclusivo di poche élite, ma l’ambiente rispettato dove si concretizza nel dialogo la specificità di ogni tradizione nel quadro complessivo fornito dai diritti umani fondamentali. Questi poi sono, a ben vedere, inseparabili dal riconoscimento che la natura umana precede la volontà, rendendola possibile, esprimendo sia la distinzione positiva del maschile e del femminile, e sia la struttura familiare del consorzio umano, generativa ed educativa delle future generazioni in solidarietà con le antiche.
Un mondo che si istruisce, che si forma e si impegna ad educare nel solco della famiglia è il modello che Francesco ha indicato come chiave di volta culturale per recuperare il senso ultimo dell’unità mondiale, la quale o è unità umana o non può essere niente di niente.
Il Papa, in sostanza, non ha comunicato semplicemente la propria opinione, ma si è fatto interprete, con tutta la propria autorevolezza spirituale e morale, del permanente significato e dell’imprescindibile valore etico e umano delle Nazioni Unite, facendosi portavoce del genere umano e sentinella delle coscienze.