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Perché Hollande accelera sulla Siria

Poche settimane dopo l’invio di voli di ricognizione sulla Siria, l’Eliseo è passato ai fatti, confermando ieri i primi raid contro l’Isis nel Paese. Gli strike francesi voluti da François Hollande sono partiti in concomitanza con il “tacito” accordo di collaborazione tra Barack Obama e Vladimir Putin, che oggi s’incontreranno in occasione dell’Assemblea generale dell’Onu che avrà come tema principale proprio il destino di Damasco. Una scelta non casuale: la Francia, evidenzia Le Figaro, teme che la Casa Bianca trovi (o peggio, abbia già trovato…) un’intesa con il Cremlino sulla Siria, estromettendola di fatto dai giochi.

L’INCONTRO ALL’ONU

A New York, i due leader di Stati Uniti e Russia discuteranno sia dell’intesa raggiunta da Mosca con Iraq, Siria e Iran per costituire un gruppo nel quale condividere le notizie d’intelligence, sia del nuovo scenario dopo gli attacchi di Parigi. Perché la Francia ha deciso di accelerare? Per Jean-Pierre Darnis, professore associato all’Università di Nizza, esperto di cose francesi e vicedirettore del Programma Sicurezza e Difesa dell’Istituto Affari internazionali, “sembra che i servizi segreti francesi abbiano raccolto prove attendibili del fatto che gruppi legati allo Stato islamico in Siria stessero organizzando attacchi contro la Francia. Per questo il presidente è convinto che estendendo gli interventi aerei anche in Siria, si potrà arginare meglio questa minaccia”. Ma non solo: dietro la strategia dell’Eliseo c’è sì il timore di attentati terroristici, ma anche la sua storia nella regione e valutazioni politiche, delineate dal quotidiano vicino al centro destra transalpino. Dalle pagine del Figaro, lo scrittore e giornalista André Bercoff ha posto in evidenza come “François Hollande abbia commesso un errore strategico rifiutando troppo lungo di parlare con il presidente siriano Bashar al-Assad“, lasciando “Putin al centro del gioco diplomatico”. Uno smacco insopportabile per Parigi, come sosteneva ieri l’ex presidente del Consiglio Romano Prodiintervenuto su Rai 3 durante la trasmissione In Mezz’ora, condotta da Lucia Annunziata. “La Siria – aveva detto – è sempre stata una figlia della Francia, Jacques Chirac era il papà, il confessore dei siriani. Oggi è ricominciato, ed era ora, il dialogo Usa-Russia contro l’Isis e la Francia non vuole stare dietro di questo gioco. L’unico esercito che può contrastare l’Isis è l’esercito di Assad, che è amico di Putin ma non di Obama. Se il colloquio Usa-Russia va avanti il terrorismo va davvero in difficoltà”.

L’IMPORTANZA DI CHIAMARSI PARIGI

La Francia può davvero aiutare a risolvere il puzzle siriano, a patto che sia della partita. Già lo scorso anno, rilevava allora sul Foglio Daniele Raineri, il segretario di Stato americano John Kerry aveva inserito in un viaggio diplomatico “una tappa discretissima per incontrare alcuni ex alti esponenti del regime, un tempo uomini di fiducia del presidente siriano. Se si lavora in quella direzione, allora la Francia ha le chiavi della soluzione in mano. Parigi ospita una folta comunità di siriani influenti. Il fratello del padre di Bashar, il generale Rifaat, ha casa nella capitale da decenni; il generale Manaf Tlass, ex amico intimo del presidente, è anche lui fuggito a Parigi due anni fa. Questa entente franco-americana – sottolineava il quotidiano fondato da Giuliano Ferrara – funziona soprattutto in Africa, dove – per semplificare – la Francia ci mette i contatti che conserva grazie a una lunga consuetudine storica, la Françafrique, e l’America ci mette soldi e capacità militare”, ma regge benissimo anche in Siria. Anche perché, come analizzato su queste colonne dal generale Carlo Jean, le soluzioni per sbrogliare la matassa siriana sono diverse, ma l’unica possibile è in fondo quella che sta prendendo corpo, ovvero quella politico-diplomatica. E in questo frangente sarebbe importante il coinvolgimento di Parigi, a stretto contatto con la Casa Bianca a Damasco (e non solo).

UN TRIANGOLO PER LA SIRIA

Parigi reclama il suo ruolo in un ipotetico triangolo Washington-Mosca-Parigi, che secondo l’Eliseo dovrebbe decidere la sorte del dittatore Assad e, con esso, quella del Paese, ormai imploso. La via politico-diplomatica, spiegava Jean, consiste proprio “nel preservare quanto rimane dell’esercito di Bashar al-Assad, se si vuole tenere unita la Siria ed evitare una guerra per bande qual è in corso oggi in Libia”, un rischio evocato dal premier italiano Matteo Renzi, che vede con sospetto la fuga in avanti di Hollande. Le forze militari del dittatore sono per Jean “l’unico elemento di stabilità che rimane nel Paese. Occorre però trovare qualcuno che possa sostituire Assad ed essere accettato da tutti o almeno dalla maggioranza della popolazione”. Ed è quanto cercano di fare Mosca e Washington. “La prima per mantenere un’influenza e la base di Tartus. La seconda per avere un alleato che le consenta di sconfiggere l’Isis”. C’è però un problema da risolvere. “Convincere Assad a lasciare il Paese. Gli alawiti e le altre minoranze, dai cristiani ai drusi, non si fidano di lasciar cadere Assad prima che si trovi una soluzione. Ad esempio quella già abbozzata con Ginevra 1 e 2, ovvero trovare un alawita o un sunnita legato al clan degli Assad, che sia accettato anche dalla maggior parte degli insorti”.

LA STRATEGIA DI PUTIN

Finora Putin non ha mai fatto mancare il sostegno ad Assad, ponendolo anzi come una precondizione a qualunque forma d’intesa. Ma la sua, secondo molti analisti, sarebbe una “amicizia” negoziabile. Il piano messo a punto da Washington e Mosca – spiegava a Formiche.net Carlo Pelanda, coordinatore del dottorato di ricerca in geopolitica e geopolitica economica dell’Università Guglielmo Marconi di Roma ed editorialista di Italia Oggi e Mf/Milano Finanza, “ha già previsto una via d’uscita per il dittatore siriano che verrà sostituito probabilmente con un altro di famiglia. Tutti o quasi ne guadagnerebbero”. Una strategia confermata anche da un altro ex presidente del Consiglio che con il Cremlino ha da tempo un canale privilegiato, Silvio Berlusconi che ha detto: “La Siria ha bisogno di «un nuovo leader»”. Il leader di Forza Italia, scrive oggi Antonella Baccaro sul Corriere della sera, “ha stupito ieri l’uditorio della convention «Restart», fornendo una dettagliata anticipazione del piano del leader russo, Vladimir Putin, per la Siria. L’idea è quella di una coalizione internazionale che sfidi la minaccia dell’Isis nella patria di Assad. Ma, e questa è la novità, senza rafforzarne la leadership . Servirebbe invece scegliere un «nuovo leader», da supportare tramite la forza multinazionale dell’Onu. «Lo so, non è democrazia — ha chiosato Berlusconi — ma certi Paesi non possono essere retti da una democrazia»”. Con buona pace di Parigi e degli ideali della Rivoluzione francese…



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