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Trivelle, così Emilia-Romagna e Sicilia dicono no ai referendum grilleschi

Dal Pd renziano a quello bersaniano, passando per la Lega Nord; il referendum contro le trivelle in mare e su terra per la ricerca di idrocarburi trova bizzarre e inedite alleanze. Dieci consigli regionali hanno bocciato le norme approvate dai Governi negli ultimi anni, avvallando i referendum messi in piedi per svuotare il decreto Sviluppo del 2012 e lo Sblocca Italia del 2014 (qui il punto fatto da Formiche.net sul tema). E’ così atteso per oggi l’arrivo dei delegati regionali in Corte di Cassazione a Roma per la consegna ufficiale dei quesiti referendari che dovranno essere valutati dai giudici della Suprema Corte.
In questo braccio di ferro istituzionale tra il Governo del Pd e metà delle Regioni italiane (quasi tutte con presidenti espressi dal Pd, a parte la Liguria governata da Giovanni Toti e il Veneto di Luca Zaia) si trovano a combattere sullo stesso fronte Basilicata, Marche, Puglia, Sardegna, Abruzzo, Veneto, Calabria, Liguria, Campania e Molise. Non hanno invece dato il loro ok ai referendum i consigli regionali di Emilia-Romagna e Sicilia.

IL CASO SICILIANO

Nella Regione guidata da Rosario Crocetta, è risultato decisivo l’apporto del Pd per evitare che in Assemblea regionale (Ars) si raggiungesse il quorum di 46 voti favorevoli necessario per approvare i referendum. I due quesiti relativi all’art. 38 dello Sblocca Italia e all’art.35 del decreto Sviluppo hanno incassato rispettivamente 38 e 32 voti favorevoli. Troppo poco per licenziare il provvedimento. La maggioranza del governatore Crocetta (che ha votato no ai referendum) si è però spaccata, con l’Udc (favorevole ai quesiti) che parla di “brutta pagina nella storia del Parlamento siciliano” e il presidente dell’Ars Giovanni Ardizzone convinto che sia stata una “scelta incomprensibile” quella di non avvallare la proposta arrivata dalla Conferenza dei presidenti dei consigli regionali.

LA MEDIAZIONE EMILIANA

Più articolata la posizione assunta dall’Emilia-Romagna, che comunque figura tra le Regioni che hanno detto no al referendum No Triv. La richiesta di consultazioni popolari, avanzata dall’M5S, è stata bocciata in una sorta di riedizione del Patto del Nazareno lungo la via Emilia, dato che ai voti del Pd si sono aggiunti quelli di Forza Italia e di Fdi-An. Favorevole al referendum invece il Carroccio, che con il Veneto del leghista Luca Zaia guida la rivolta anti trivelle.
L’assemblea legislativa emiliano-romagnola ha però approvato una risoluzione presentata dal consigliere ravennate del Pd Gianni Bessi (esperto di politica energetica e più volte intervenuto sull’argomento). Tale provvedimento, spiega Bessi, impegna la Giunta “a proporre al Governo l’avvio di un percorso di revisione complessiva della normativa nazionale in materia di estrazione di idrocarburi che trovi la condivisione dei governi regionali e delle comunità territoriali e che sappia armonizzare il sistema nazionale in linea con le direttive dell’economia blu e dello sviluppo sostenibile”. Secondo il consigliere dem, in linea con il capogruppo Stefano Caliandro, tematiche come la politica energetica “non possono certo essere certo affrontate in modo populistico attraverso un uso pretestuoso dello strumento referendario”. Casi come l’accordo con il Ministero dello Sviluppo economico sulle attività estrattive su terra e il riconoscimento del titolo di riserva MAB Unesco per l’area del Delta del Po, “dimostrano la capacità di coniugare sviluppo, sicurezza e tutela ambientale”.

BONACCINI TROVA IL PUNTO DI EQUILIBRIO

E’ toccato infine al governatore emiliano Stefano Bonaccini sancire il punto di equilibrio su questa delicata materia. Nella consapevolezza “che le norme nazionali devono essere corrette (l’articolo 38 è confuso e in alcune parti inattuabile) chiedo – ha detto il presidente di Regione ieri in aula – all’Assemblea legislativa un mandato pieno a porre all’attenzione della Conferenza Stato Regioni e unificata l’apertura di un tavolo per modificare le norme vigenti e lavorare, partendo dalle esperienze positive dell’Emilia-Romagna, alla predisposizione di un piano energetico nazionale”.

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